Dienstag, 16. August 2016

Almaty, Kazastan, fine del viaggio

Attraversiamo la città al tramonto che presenta un notevole contrasto: casine basse, edifici sovietici sia monumentali che palazzotti prefabbricati, molto malmessi, edifici nuovi neoclassici bianchi e grattacieli specchiati. 
La macchina è beige, noi siamo polverosi, ma felici di aver raggiunto l'albergo e di concederci un 4 stelle! Matteo e Domenico smontano tutto, anche le valigie sono polverose, le taniche d'acqua, le bottiglie, i souvenirs e presto la nostra stanza assume un altro aspetto.
Scegliamo il ristorante, stasera si festeggia con vino georgiano e spiedi. Il ristorante è sul fiume, il menu inglese è vasto, le cameriere non parlano inglese. Ordiniamo di tutto senza capire che il 4 che loro ripetevano si riferiva al numero di spiedi!  Come antipasto diversi tagli di carne di cavallo fredda e una porzione di green: basilico nero, prezzemolo, coriandolo, erba cipollina, cipollina cruda ma soprattutto l'aneto fresco che ha accompagnato la cucina di tutti gli "stan". Mentre mangiamo la macchina viene lasciata in un autolavaggio a mano, dopo 2 ore non è riconoscibile, sembra nuova!
La mattina niente sveglia obbligata, cominciamo a buttare, lavare (Matteo sfodera vestiti sporchi dell'India, che devono servire per un altro mese di viaggio!), rifare le valigie. La colazione in albergo anche se sontuosa ci sembra banale, i clienti sono indiani e la situazione molto fuori da quanto abbiamo vissuto finora.
Il ritorno alla società avviene separatamente, Domenico e Matteo si occupano dell'eventuale vendita della macchina tra un mese, io vado ad un beauty center ( non potevo presentarmi domani in ufficio e dalle amiche nello stato brado da viaggio). Convinco anche Matteo e Domenico ad usufruire di un taglio di capelli e poi alla scoperta in macchina della città, costruita solo alla fine dell' 1800 dai russi, quindi chiesa ortodossa, parchi e stradina pedonale paragonata all'Arbat moscovita. Prendiamo il secondo espresso della giornata, un doner, attraversiamo la piazza immensa con la residenza nuova del presidente, che si è lasciato anche immolare nella grata di ferro che circonda il monumento dell'indipendenza e che parte dai mondi antichi e finisce a lui, Domenico si incaponisce nell'acquisto di souvenir improponibili. Con la macchina raggiungiamo anche la collina che sovrasta la città, prima delle montagne innevate e che si può raggiungere anche per via di un'ovovia. Al tramonto sono tutti là, c'è lo zoo, le giostre, gli autoscontri, le bancarelle di souvenir, la ruota, le slitte....e soprattutto un miscuglio di persone di tutti i generi. Cena allo stesso ristorante più morigerata, ma indispensabile per l'addio all'agnello e a questi paesi. Alle 4.30 sveglia per il nostro volo, Matteo ci accompagna e preleva i suoi compagni di viaggio. Non possiamo che augurargli che vada tutto così bene come è andata a noi.
11624 km, 37 giorni, 13 paesi, un colpo di stato, una foratura, salute ottima, pancia piena, zero litigi, e occhi e testa pieni di immagini, colori ed emozioni.

Sonntag, 14. August 2016

Trentatreesima tappa -Almaty, Kazakistan


Siamo vicini alla meta, questa volta è Domenico a non essere in gran forma, dopo la vodka al peperoncino... Visitiamo il mercato del bestiame della domenica di Karakol, in mezzo alla polvere e mischiati alla folla di persone di tutti i tipi,signore uzbeche, russe, omini piccoli con il pizzetto e il cappellino bianco kirgiso, uomini tracagnotti dalle facce kazake. Una pecora costa 40 euro, un vitello 60. Del montone si giudicano le palle e la coda grassa e si stipano gli acquisti vivi nel bagagliaio. Ci sono selle, briglie, staffe fatte da tondini di ferro, più l'immancabile offerta di ristorantini, sim card e bevande nei container. Il paese è vivace solo in prossimità del mercato, sono so,o le 8 di domenica! Facciamo una deviazione in una valle laterale alpina, da cui partono trekking e gite. La strada è asfaltata fino al canyon dei Seven bulls, formazione rocciosa rossa fuoco, che contrasta con il verde intenso del prato e dell'acqua del ruscello. Da lì la strada prosegue molto accidentata e con ben 4 ponti di legno estremamente rustici, fino alla valle dei fiori. Facciamo qualche passo a piedi, si vede la neve in alto, tante jurte per i locali, che arrivano con le macchine, muniti di canne da pesca, biciclette, picnic. I turisti partono per trekking di qualche giorno, noi dobbiamo arrivare in Kazakistan stasera. Per arrivare al confine non scegliamo la strada maestra, ma una laterale, accidentata e solitaria e per qualche chilometro penso che non arriveremo mai. Come lasciare la montagna e non sfidare la sorte? In compenso vediamo l'aspetto ancora più rurale della montagna, jurte, arnie e cavalli, ma i prati non sono più verdi ma gialli verso la valle. La strada attraversa piani piano la steppa, le montagne sono solo nello sfondo, qualche goccia di pioggia. Al confine siamo soli, le operazioni di uscita ed entrata sono facili, Matteo fa la sua prima esperienza, nel giro di 40 minuti siamo in Kazakistan. Arriva un forte temporale, speriamo che la macchina si lavi... Dopo i primi 50 km nella steppa, la strada attraversa un ultimo canyon colorato, non siamo nello spirito di fare ulteriori deviazioni. La strada comincia ad essere trafficata, a due corsie, la guida non facilissima perché attraversa paesi con bellissime bancarelle di frutta, salvagenti e materassini lungo il fiume, cortei di macchine bianche che festeggiano matrimoni (hummer limousine) e pieni di fumi di spiedini. C'è la polizia, ma io alla guida rispetto le regole, e non diamo nell'occhio circondati da gipponi di tutte le marche e fogge. Un semaforo ci rallenta l'entrata ma facciamo la mitica sosta al cartello Almaty. Meta raggiunta secondo il piano dettagliato in modo  perfetto da Domenico, rispettato da una macchina all'altezza, un programma di navigazione eccezionale e un team familiare collaudato!

Trentaduesima tappa - Karakol, Kirgyzstan


La mattina e nuvoloso, facciamo un piccolo giretto del lago, ma io non ho le forze. Ci rimettiamo in marcia e tornare sulla strada maestra è uno scherzo. La strada si ributta dopo il largo altipiano con il lago nella valle, stretta e colorata. Raggiungiamo la strada asfaltata e io mi butto giù nei sedili di dietro. Facciamo un sosta nel mercato locale degli animali, pecore, montoni, cavalli, mucche con gran polvere e persone locali. Nelle bancarelle alimentari tantissime albicocche, frutti di bosco e pomodori. Le macchine qui sono più vecchie e malandate, ma di marche tedesche, si vedono Mercedes, Audi, VW e vecchi camioncini con scritte in tedesco. Cerchiamo informazioni per vedere un esibizione di caccia con le aquile, le informazioni sono contrastanti, ma riusciamo con molti sforzi a trovare la valle dove viene organizzato per i turisti una specie di show delle attività locali. Vedere così tanti turisti insieme ci sembra strano, assistiamo alla partita di polo e poi su un campo coltivato con odore di camomilla alla caccia delle aquile che sono addomesticate e si buttano dall'alto della collina sulle prede ( un coniglio mezzo morto e una finta volpe). Gli uccelli sono grandi ma ci chiediamo perchè si prestino a questo gioco. La strada costeggia il lago Issikul Kol, il secondo lago alpino dopo il Baikal. Costeggiamo il lago sud, ci sono bagnanti e si vedono in vendita salvagenti, anche se le montagne sono alte ed innevate da entrambe i lati. Decidiamo di fare la notte nella cittadina di Karakol, prenotiamo una guesthouse per la notte, che si rivela una sorta di casa rifugio di montagna con tutti ragazzi giovani che fanno trekking nella regione e il proprietario che è una specie di guida alpina. La cittadina di Karakol è una specie di misto tra palazzi sovietici, villette decadenti tipo dacie russe e nuove costruzioni con strade orizzontali asfaltate e quelle verticali sterrate e polverose. Noi siamo anche molto polverosi e la macchina è ormai beige dentro e fuori. Fatta la doccia ( bagni in comune) fuori arriva un temporale forte, prendiamo la macchina per andare nel ristorante indicato dall'ostello ed oltre a tutti i turisti osserviamo un gruppo di ragazzi diciottenni locali che fumano shisha e bevono alcol. Ordiniamo di tutto, ma il mio stomaco mi impedisce di mangiare come al solito. 

Trentunesima tappa - Lake Song Kol, Kyrgyzstan


Il signore ci ha fatto trovare tanto cocomero, rifiutiamo le uova e partiamo. La strada dovrebbe essere come quella di ieri, sono previste 7 ore. È sterrata e corre lungo la valle all'inizio. Non ci sono indicazioni, ma non ci sono alternative, che ci mettano in crisi. Si risale un primo passo e poi si ripiomba in una valle larga, con montagne innevate sul fianco meridionale, il fiume si ingrossa, nessuno in giro, solo qualche cimitero o cappella isolata. Facciamo una breve sosta nel negozio locale, vecchio negozio di stampo sovietico, con biscotti sfusi, gran vodka e bevande impossibili. Il succo di pera è imbevibile, la vodka al peperoncino darà i suoi risultati alla sera. Si risale, con tornanti stretti e ripidi, incontrando qualche ciclista in gruppo, un gruppo di turisti spagnoli e tajiki al passo a 3300 metri. Il paesaggio è alpino, con i primi pini! Difronte a noi si apre la vista sul lago, blu, ampio circondato da tutte le parti da montagne innevate, verdissimo e pieno di cavalli e jurte. Le jurte servono come le malghe alpine, per la stagione estiva con mucche, pecore e cavalli con i loro piccoli. Ora le famiglie locali hanno messo su due o tre jurte per turisti e organizzano cena e colazione e gite a cavallo. La guida descrive il sito della nostra jurta (pagata in anticipo) e prevede un piccolo attraversamento del fiume. Siccome è dall'altra parte del lago, abbiamo modo di vederlo per bene, e quando prendiamo la prima deviazione ci troviamo difronte ad un fiumetto impassabile. Torniamo sulla strada e proviamo il secondo bivio, facciamo un sopralluogo, Matteo si immola all'attraversamento a piedi nell'acqua gelata per verificare altezza e fondale e via che si va, la Sharan passa anche questa prova. Il prato è verde e morbido, seguiamo le tracce e sulla sponda del lago troviamo la jurta n.8 e la nostra famigliola. Un gran vento, io non mi sento al massimo delle mie forze, ma prenotiamo il nostro giro a cavallo e tiriamo fuori cappello, giacca e guanti. Per fortuna il mio cavallo ha la testa bassa e poca voglia di muoversi e con  due manovre riesco anche a salire in sella. La guida costa un po di più, ma io la pretendo. In realtà anche con gli sforzi di Domenico e Matteo i cavalli non hanno molta voglia di andare ad un passo adelante, Matteo ci incita il suo cavallo contro e almeno decide lui dove andare, nel mio caso, quando il cavallo si gira e si riavvia verso la jurta sono ben contenta. Lungo il lago i locali allenano i ragazzini al gioco locale, una specie di polo a cavallo aggressivo e con una pecora morta senza testa come palla. La madre e la figlia ci fanno trovare una cena non solo sontuosa ma anche molto decorata, a base di frittelline, pane, zuppa  e pesce del lago, con frutta e frittelle con una glassa. Siamo a 3000 metri e ci preparano la jurta con materassi, tante coperte e la riscaldano! Nelle altre due jurte un gruppo di giovani francesi e una coppia giovane di austriaci. La notte non mi sento tanto bene, non so se sia la stanchezza, la quota o lo stomaco. 

Ventottesima tappa - Karakul, Tajikistan

Mi sveglio presto, la padrona di casa sta mungendo gli(le) yak. L'aria è fresca e pungente, ma la notte non abbiamo sentito freddo. Facciamo colazione poi di nuovo in macchina. Incontriamo una macchina italiana che partecipa al Mongol Rally. Dopo un lungo tratto nell'altipiano piatto a più di 3500 metri, con yak, ruscelli e montagne innevate, la strada scende un pò e pian piano arriviamo a Murghab, cittadina principale dell'area. In realtà le mie aspettative sono deluse, sembra una baraccopoli, il mercato è nei container, la benzina venduta in taniche. L'unico hotel è abbastanza decadente, mangiamo il fast food locale, una specie di pizzetta con riempimento di carne di yak o di patate. Il gestore parla bene il tedesco, ci aiuta a fare i permessi per il parco e ci da suggerimenti per le gite. Internet non è ancora arrivato, sembra un posto fuori dal mondo e in realtà lo è. Riprendiamo la guida e facciamo una deviazione su una valle laterale, i colori delle rocce sono veramente eccezionali. Ci aspetta il passo di nuovo a più di 4000 metri, il cielo si annuvola. Notiamo sulla strada una staccionata e controllando sulle carte ci rendiamo conto che è la no man land zone con la Cina, che seguiremo per quasi 100 km. Siamo soli, la strada è buona, si sentono tuoni e le nuvole si fanno più nere. Sulla salita del passo, la neve sulle montagne è più vicina, mettiamo il nostro pullover, c'è una casa con una famigliola. Alle prese con i tornanti, siamo fermati da un tizio polacco che sta girando in motorino e non riesce a fare la salita, per mancanz di ossigeno. Domenico è attrezzato, tira fuori una corda rosa e lo trainiamo in salita. Arrivato al passo, ci ringrazia moltissimo, ci chiede di filmarlo, e ci fa sentire utili. Cerchiamo la pecora di Marco Polo, senza successo. La strada scende un pò, poi si stabilizza ad alta quota, incontriamo qualche ciclista, un sidecar. Si intravedono montagne più alte poco lontane e poi in lontananza il lago Karakul. Il paesaggio è spettacolare, il lago è circondato da montagne su tutti i lati, con ghiacciai e nevai vicini e lontani. Il paesino è piccolo, noi abbiamo prenotato un homestay che è vicino alla strada. La stanza è pulita, aspettano altri turisti. Chiedo un tè, ci sediamo al caldo mentre le donne con gli immancabili denti d'oro preparano i manti, ravioli con ripieno di patate, cipolle e carote. Matteo fa conversazione con due francesi anche loro ingaggiati nel Mongol rally, passa il nostro amico polacco, incontriamo la famiglia italiana con cui ci scambiamo un po di chiacchiere e esperienze.

Trentesima tappa -Kazarman, Kyrgystan


Dopo una colazione ricchissima con una specie di piatto di grano saraceno, peperonata, pancakes, frutta, uova fritte, marmellata di albicocche e di amarene, frittelle, yogurt, attraversiamo a piedi il ruscello, il cui ponte è stato portato via dalla pioggia e ci dirigiamo verso le cascate più vicine, deludenti ma chiaramente per i locali, con gli ultimi 100 metri pieni di bancarelle con oggetti assolutamente impossibili. Ripartiamo in macchina con meta Kaserman, unica cittadina prima di arrivare alla nostra meta. La strada non è data buona, ma ci dicono che sia fattibile. Prima torniamo sulla strada principale, diamo un passaggio ad una ragazzina tajika, che non parla una parola e alla fine ci vuole pagare. Controllo delle gomme e sosta a Jalal Abab, giusto per fare una pausa di ristoro sotto un sole cocente e visitare il bazar. Nel ristorante siamo i soli turisti ma e facile fare l'ordinativo, guardando nei diversi angoli dove c'è un ometto intento a cuocere degli spiedini, altri a fare ravioli, altri ad informare calzoni ripieni di carne. Cerchiamo un possibile internet, finiamo in un albergo sovietico, che ha perso tutti i suoi allori e clienti ma nella hall fatiscente troviamo rete...
Comincia l'avventura, pensavo fossero finite... Non c'è indicazione, ma non ci sono molte alternative. Io accuso il calo di tensione, ma il paesaggio lo solleva immediatamente. È completamente diverso, sembra un'Appennino centrale, la strada è stretta e ripida, ma per fortuna non ha piovuto. Nessun paese, pochissime macchine, molte arnie. Arriviamo ad un passo, ormai non ci facciamo caso se è sotto i 4000 metri e ci ributtiamo nella valle. Ogni tanto si vedono cimiteri in fango, con costruzioni merlate. I nostri compagni sono tanti cavalli, bellissimi con i piccoli e qualche gregge di pecora. Poche jurte con famigliole, ci fermiamo a salutarli. Diamo un passaggio ad un vecchia signora, superiamo camion di fieno cosi carichi da occupare tutta la strada. Paesaggi verdi sconfinati, questa vastità ci ha accompagnato in tutto il viaggio. Arriviamo a Kaserman e gli homestay sono tutti pieni, ma ci trovano alloggio in una casa di un signore, che ospita anche ingegneri cinesi che stanno lavorando all'ampliamento della strada. Il paese non offre molto, ci dirigiamo verso il caffè che ci hanno indicato, in mezzo alla polvere. Il posto è enorme, vuoto e caldo, dentro ci sono due ragazze e un menù vasto in russo. Non avendo nient'altro da fare, tiriamo fuori vocabolario e lista delle cose da mangiare e con grandi risate da parte delle ragazze e nostra ordiniamo.....
La cena è buona, proviamo a girare in macchina la cittadina di impronta sovietica, che offre ben poco. Qui in Tajikistan si può vendere l'alcool e oltre alla birra c'è una selezione di vodka da paura.

Ventinovesima tappa - Arslanbob, Kirgistan

Notte tranquilla, dopo la cena a base di manta e marmellata e qualche chiacchiera con una coppia di ciclisti israeliana. Partiamo presto, pioviccica, la notte è scesa la neve sule cime e sopra i 4000 metri, la temperatura è 6 gradi. Noi siamo solo a 3800. È un peccato non vedere le cime che circondano il lago, ma non abbiamo scelta. In realtà pian piano il cielo si apre e si vedono le cime e i ghiacciai. Dopo un altro passo a più di 4000 comincia la veloce discesa, la strada è diritta, ancora fiancheggiata dalla staccionata con la Cina e in lontananza si vedono dei 6000 e anche il monte Lenin. Arriviamo alla dogana fangosa, con due jeep di turisti davanti a noi, corre tutto abbastanza veloce, ci sono solo delle baracchine. Poi comincia la lunga zona franca più di 15 km di strada brutta, fangosa e pendente, ma molto colorata. Ci sono due camion in salita, tutto è molto idillico. Arrivati a valle, seguiamo il fiume, sempre con pareti coloratissime. Io come geologa non so però niente... La dogana con il Kirgistan sono  tre baracche, Matteo si occupa di tutto. Incontriamo un ciclista giapponese, il nostro amico polacco, un signore inglese, stanco degli homestays. Passata la frontiera in modo indolore, comincia una valle larga e piatta con jurte e cavalli, dietro di noi le cime alte. Le lasciamo a malincuore, il viaggio lo valeva tutto. Arrivati in fondo alla valle, riprendiamo la salita in direzione Osh. La strada è asfaltata, senza buche, veloce, poco traffico. Domenico legge la guida, i ragazzini vendono sulla strada prima yogurt, poi albicocche. Ci sono jurte e cavalli dappertutto, il paesaggio è completamente differente, roccioni calcari, misti a strati coloratissimi, che dobbiamo indicare a Domenico che non vede i toni di colore. Arrivati a valle, verso le 14 ci sono 35 gradi..la piana è coltivata a grano, mais tornano i cocomeri e meloni. A Osh ci fiondiamo in un centro informazioni turistiche, scarichiamo gli email e sotto il sole cocente ci dirigiamo al mercato, lungo il fiume. Il mercato è tutto dentro i container dei camion, solo quello della carne e della frutta è al coperto. Abbiamo finalmente concesso a Matteo di mangiare.... Troviamo un ristorante sul fiume e Matteo ordina tutte le specialità locali, preparate a vista: tagliatelline in zuppa piccante, spiedini di carne e anatra, insalata, pane rotondo, bibita a base di un succo locale. Ci sediamo al tavolo con una signora che ci offre il suo pane e te. Soddisfatti finiamo la visita del mercato con acquisto di yogurt fermentato e fichi sbucciati ( il mal di pancia successivo e aspettato!). Ripartiamo con me alla guida, facciamo un pieno di benzina, che qui si trova facilmente e per strada decidiamo sul da farsi. Convinciamo a fatica Domenico a saltare un bazar e optiamo per allungare la strada e salire sulle montagne per dormire al fresco. La strada e buona ma trafficata, vado veloce e supero i camion, vengo fermata tre volte dalla polizia e per due volte graziata. In un caso mi fanno vedere le infrazioni fatte su un libro russo e la multa, paghiamo i 15 dollari senza contestare. Siamo di nuovo al confine con l'Uzbekistan, la valle è abitata principalmente da loro. Ben strana la divisione geografica di queste aeree e la reazione al post unione sovietica. In Kirgistan c'è una associazione che coordina gli homestays la contattiamo e ci aspettano per trasportarci in una vecchia jeep russa alla casa 18, con cena tradizionale (verdure lesse con carne) e doccia calda!! 
C'è una coppia francese con un ragazzino, ci scambiamo un po di notizie. Finalmente i miei capelli risentono uno shampoo! 

Ventisettesima tappa - Alicur, Tajikistan

La notte trascorre tranquilla, facciamo colazione con un ottima marmellata di albicocche e poi ci rimettiamo in moto. La strada corre ancora lungo il fiume, ci sono resti di fortezze e di stupa, marcati con corna di ibex e di pecore di Marco Polo ( che sono tipo stambecchi), ma non si vedono se non raramente. Proviamo a fare una deviazione, ma la strada è troppo in salita e Matteo sfrizionando provoca un brutto odore. Io entro un po' nel panico perché se la strada non si può fare dobbiamo tornare indietro fino a khorog.... Incontriamo un gruppo di motociclisti svizzeri, scambiamo due parole, li rincontreremo. La valle si divide e comincia la salita. I primi tornanti sono tosti, poi mi passa la paura perchè diventa una lunga strada che corre sul confine afgano, seguendo un ruscello. In lontananza montagne con neve, sul greto cammelli, soli o selvatici. La strada è molto bella, non asfaltata ma senza buche. Arriviamo nel mezzo di nulla ad un check point a 3'800 metri e poi al passo Kargoush a 4'200 metri. Continuiamo a saltare il pasto per mancanza di offerta e ci nutriamo con i nostri pistacchi e in particolare con mandorle. La vista è mozzafiato, ormai non abbiamo più parole e occhi, molte foto, forse tutte uguali... La quota ci dà qualche fastidio, il sole batte forte e ci mettiamo anche la crema. Arriviamo prima del previsto alla vera Pamir Highway, asfaltata e le nostre orecchie e la macchina hanno un momento di riposo. La temperatura è ottima, 25 gradi, pantaloncini corti. Nel nostro attivismo, lasciamo la strada asfaltata dopo alcuni chilometri e puntiamo al lago e ad un homestay in jurta. Sono le 14.00 il sole batte, la jurta è molto basica, la signora ci offre il pane che sta facendo, ma non siamo convinti. Continuiamo la strada che costeggia i due laghi, di colore blu e verde, le montagne sono multicolor. Torniamo indietro e decidiamo di proseguire, io sono alla guida, ma la strada non è così buona come sembrava. Proseguiamo per un pò, ma siamo stanchi e cerchiAmo un alloggio nel primo villaggio, giusto due file di case. Il primo homestay ci lascia molto freddi, tentiamo la fortuna e troviamo una jurta, tenda tradizionale usata dalle popolazioni nomadi con gli yak. La jurta e solo per noi, la cena è nella casa della famigliola kirghisa, 2 giovani e 4 bambini che giocano con Matteo. Dormire per terra con materassi e coperte, cena a base di spaghettini, carne di yak e yogurt e colazione costa 10 dollari a persona. Il bagno è inesistente, vicino alla casa corre un ruscellino, che noi risaliamo per lavare la macchina, lavarci e fare le foto agli yak e alla steppa a 4000 metri. Appena cala il sole, comincia a far freddo, ci copriamo e proviamo a vedere le stelle che sono mille e con la luna crescente. Bellissimo, ma non ho la pazienza di cercare le stelle cadenti.

Samstag, 13. August 2016

Ventiseiesima tappa - Wakhan Valley, Tajikistan

Ci svegliamo di buonora, facciamo una buona colazione sul fiume, e poi decidiamo di cercare una ruota che sostituisce quella che si è rotta. È domenica, i negozi e il bazar sono chiusi. Torniamo verso il benzinaio che ci aveva aiutato ieri pomeriggio e ci dice che il gommista ha aperto. Facciamo 10 km e troviamo un baracchino con un gommista. La nostra idea di comprarne una nuova svanisce subito, ma ci propone di metterci una pezza, che tiene di sicuro...per fare il lavoro ha bisogno di 2 ore e 4 euro, chiediamo di farlo in meno tempo. Torniamo in città, anche se è chiusa, ci prendiamo un te sulla terrazza, osserviamo tutta la gente che viene a prendere l'acqua, dalle pompe direttamente dal fiume. Montata la ruota sono le 11, partiamo per la nostra meta, una valle laterale sul corridoio afgano. Abbiamo anche un homestay che ci aspetta. Dopo un'ora e circa 40 km, costeggiando il fiume e quasi toccando l'Afganistan, ad un posto di controllo realizziamo che ci siamo dimenticati i passaporti a Khorob. Torniamo indietro e poi rifacciamo la strada, si salta il pranzo ma abbiamo la nostra scorta di pistacchi, mandorle, albicocche, noci. Matteo ci fa compagnia non solo vocale...la valle Waikan attraversa canyon e poi il fiume si allarga, nei tratti pianeggianti ci sono prati verdi come da golf, o campetti coltivati a grano, che viene in parte raccolto. Il telefono prende la rete afgana. Grandi saluti da entrambe le parti del fiume. Nella parte finale iniziano a vedersi le cime innevate dell' hindukush e in lontananza le cime tajike con il picco Marx e il picco Engels (se non gli hanno cambiato i nomi). Si attraversano grandi conoidi, piccoli paesini, le donne lavano i tappeti per strada. Colori incredibili, formazioni sempre diverse, valli strette con canyon, gran vento. La strada è buona, non asfaltata con un po di tolle ondulee, riusciamo a fare anche i 50 km/h. Facciamo troppe foto, ma come resistere. Tanti bambini, vecchi e donne, ragazzi che fanno il bagno nelle zone di morta del fiume. In un baretto gestito da ragazzine con occhi azzurri e musica a palla, compriamo una bibita locale a base di amarene. Tanti asinelli che trasportano paglia, poche macchine o traffico, tanti saluti. In una parte del fiume piatto si sono formate dune di sabbia. Incontriamo due coppie di ciclisti, una di francesi di circa 65 anni. Nella valle a 2800 metri ci sono offerte di homestay e noi arriviamo alle 18.30 in una grande casa. Il padrone di casa è un vecchio insegnante di russo, ha diversi figli in Russia o nelle città e ha messo su una specie di hotel, con un bagno in comune, anche con doccia. La cena nella sua stanza da pranzo originale e tradizionale, in compagnia di una coppia di olandesi e un inglese. Dopocena chiedo di visitare il museo e nel buio del cielo stellato, con la luna crescente e un vento forte con le pile andiamo a vedere la casa di un vecchio poeta e filosofo perseguitato dai sovietici perché sufi con la tradizionale struttura della casa, con le cinque colonne e il tetto aperto. Domani Mattina partiamo presto, ci attende una lunga guidata per raggiungere la Pamir Highway.

Venticinquesima tappa- Khorogh, Tajikistan

Dopo un sonno ristoratore e gli ultimi contatti con internet, facciamo una breve visita al mercato locale, pieno di bellissima frutta fresca, spezie, riso, te. Compriamo pesche ed uva, decidiamo di non prendere le fragoline....cerchiamo indicazioni sulla strada da prendere, ma le indicazioni  della lonely planet non sono più aggiornate, facciamo una rapida visita della città in macchina, visto la vastità della città e la monumentalità degli edifici e statue. Decidiamo per una via a sud, che non c'è nella carta e nel nostro GPS, ma è  asfaltata e veloce. Attraversa una prima catena di montagne, con un lago artificiale blu e frastagliato, ritorna nella pianura coltivata, diventa più stepposa, poi coltivata. È caldo ma non impossibile. Arrivati alla terza cittadina del paese, lasciamo la strada nuova e ci avviamo sulla strada con buche che si inerpica sulle montagne. Matteo è ala guida, molto attento, la strada sale su molti tornanti e arriva in un pianoro coltivato con gole profonde. Tutto è giallo. Ottimo umore, chiacchieriamo del più e del meno. Arrivati al passo verso le 14.00, cominciamo a vedere lavori n corso per la costruzione di una nuova strada da parte dei cinesi, superiamo due macchine lente, la strada e bloccata da una scavatrice, si sblocca e dopo duecento metri viene definitivamente bloccata da frane provocate. Ci dicono che ci vorranno almeno due ore per riaprirla. Nel frattempo arrivano altre macchine, qualche turista e molti locali, tra cui una giovane studentessa di medicina, che chiacchiera con noi. Dopo aver mangiato delle pesche buonissime, ci mettiamo all'ombra nel mezzo della polvere ad aspettare con fiducia la riapertura.  Nel frattempo la fila delle macchine aumenta, finisce il turno delle squadre cinesi al lavoro, vengono rimpiazzate, le macchine si accumulano sul percorso della gru che deve scaricare i sassi della strada... Alle 19.30 tutti in macchina e parte la grande corsa, noi siamo piazzati bene, e vediamo passare una mercedes....passiamo tra i primi con qualche difficoltà e ci aspettano 50 km di strada non buona, ormai il sole e calato e tutti corrono come dei matti. Matteo e Domenico mettono la musica a palla, la strada è tutte curve, tornanti, lavori, e molta molta discesa. Peccato non vederla, ma faceva paura. Arrivati a valle la strada costeggia il fiume che fa da confine tra Afganistan e Tajikistan. Si vedono poche luci da entrambe le parti, si sente il rumore del fiume. Decidiamo che il primo posto che ha possibilità di dormire è il nostro, ma non vediamo nulla. Nel mezzo della strada veniamo fermati dalle guardie, che a stento avevano una lampadina. Poi verso le 9.30 in un buio pesto e un cielo stellato da far paura troviamo un segnale di hotel: uno stanzone caldo, senza finestre con 5 letti. Domenico suggerisce di dormire fuori su una delle tavolate che usano loro a cielo aperto. Ci sono di sera 30 gradi. Mangiano una zuppa quasi al buio, che ci sembra buonissima, il signore ci ha portato i materassi giu, usiamo il nostro sacco lenzuolo, dentro il quale Domenico mi fa mettere la mia borsa pesantissima e i due si addormentano subito. Io leggo un po, arrivano camion a prendere acqua o dormire nella piattaforma accanto alla nostra. Certo pensare di dormire all'aperto, sulla strada al confine con l'Afganistan sembra molto più eroico di quanto non sia stato, senza troppi insetti (forse pulci) e con mille pause. Quando mi risveglio alle 5.00 i camion sono già andati via, non posso piu infrattarmi a fare una pipi e sveglio i due. Dopo un lavaggio di capelli sotto l'acqua gelata all'aperto ( ma vestita) e una colazione a base di una specie di creme fraiche, miele e te ci mettiamo in moto, in parte per vedere il percorso fatto al buio e poi verso Korogh. Le stime di Domenico erano più rosee, abbiamo seguito il fiume per 300 km, impetuoso e color fango, stretto senza ponti se non uno pedonale, e valli scoscese, montagne colorate e in cima la neve. Ci sono villaggi di fango in Afganistan, costruiscono ora la strada ma è ancora più impervia della nostra. Buchiamo la gomma ma in 10 minuti sono efficientissimi e la riparano in un lampo, attraversiamo pochi paesi qualche TIR pesante, con Domenico e Matteo che si alternano alla guida, difficoltosa per il continuo cambio di stato della strada piena di buchi e polverosa. Il panorama è grandioso. facciamo sosta per il pranzo e arriviamo a Korogh con la luce. Cena in un ristorante con la terrazza sopra il fiume. 

Samstag, 6. August 2016

Ventiquattresima tappa - Nel mezzo di niente,Tajikistan

 Dopo un sonno ristoratore e gli ultimi contatti con internet, facciamo una breve visita al mercato locale, pieno di bellissima frutta fresca, spezie, riso, te. Compriamo pesche ed uva, decidiamo di non prendere le fragoline....cerchiamo indicazioni sulla strada da prendere, ma le indicazioni  della lonely planet non sono più aggiornate, facciamo una rapida visita della città in macchina, visto la vastità della città e la monumentalità degli edifici e statue. Decidiamo per una via a sud, che non c'è nella carta e nel nostro GPS, ma è  asfaltata e veloce. Attraversa una prima catena di montagne, con un lago artificiale blu e frastagliato, ritorna nella pianura coltivata, diventa più stepposa, poi coltivata. È caldo ma non impossibile. Arrivati alla terza cittadina del paese, lasciamo la strada nuova e ci avviamo sulla strada con buche che si inerpica sulle montagne. Matteo è ala guida, molto attento, la strada sale su molti tornanti e arriva in un pianoro coltivato con gole profonde. Tutto è giallo. Ottimo umore, chiacchieriamo del più e del meno. Arrivati al passo verso le 14.00, cominciamo a vedere lavori n corso per la costruzione di una nuova strada da parte dei cinesi, superiamo due macchine lente, la strada e bloccata da una scavatrice, si sblocca e dopo duecento metri viene definitivamente bloccata da frane provocate. Ci dicono che ci vorranno almeno due ore per riaprirla. Nel frattempo arrivano altre macchine, qualche turista e molti locali, tra cui una giovane studentessa di medicina, che chiacchiera con noi. Dopo aver mangiato delle pesche buonissime, ci mettiamo all'ombra nel mezzo della polvere ad aspettare con fiducia la riapertura.  Nel frattempo la fila delle macchine aumenta, finisce il turno delle squadre cinesi al lavoro, vengono rimpiazzate, le macchine si accumulano sul percorso della gru che deve scaricare i sassi della strada... Alle 19.30 tutti in macchina e parte la grande corsa, noi siamo piazzati bene, e vediamo passare una mercedes....passiamo tra i primi con qualche difficoltà e ci aspettano 50 km di strada non buona, ormai il sole e calato e tutti corrono come dei matti. Matteo e Domenico mettono la musica a palla, la strada è tutte curve, tornanti, lavori, e molta molta discesa. Peccato non vederla, ma faceva paura. Arrivati a valle la strada costeggia il fiume che fa da confine tra Afganistan e Tajikistan. Si vedono poche luci da entrambe le parti, si sente il rumore del fiume. Decidiamo che il primo posto che ha possibilità di dormire è il nostro, ma non vediamo nulla. Nel mezzo della strada veniamo fermati dalle guardie, che a stento avevano una lampadina. Poi verso le 9.30 in un buio pesto e un cielo stellato da far paura troviamo un segnale di hotel: uno stanzone caldo, senza finestre con 5 letti. Domenico suggerisce di dormire fuori su una delle tavolate che usano loro a cielo aperto. Ci sono di sera 30 gradi. Mangiano una zuppa quasi al buio, che ci sembra buonissima, il signore ci ha portato i materassi giu, usiamo il nostro sacco lenzuolo, dentro il quale Domenico mi fa mettere la mia borsa pesantissima e i due si addormentano subito. Io leggo un po, arrivano camion a prendere acqua o dormire nella piattaforma accanto alla nostra. Certo pensare di dormire all'aperto, sulla strada al confine con l'Afganistan sembra molto più eroico di quanto non sia stato, senza troppi insetti (forse pulci) e con mille pause. Quando mi risveglio alle 5.00 i camion sono già andati via, non posso piu infrattarmi a fare una pipi e sveglio i due. Dopo un lavaggio di capelli sotto l'acqua gelata all'aperto ( ma vestita) e una colazione a base di una specie di creme fraiche, miele e te ci mettiamo in moto, in parte per vedere il percorso fatto al buio e poi verso Korogh. Le stime di Domenico erano più rosee, abbiamo seguito il fiume per 300 km, impetuoso e color fango, stretto senza ponti se non uno pedonale, e valli scoscese, montagne colorate e in cima la neve. Ci sono villaggi di fango in Afganistan, costruiscono ora la strada ma è ancora più impervia della nostra. Buchiamo la gomma ma in 10 minuti sono efficientissimi e la riparano in un lampo, attraversiamo pochi paesi qualche TIR pesante, con Domenico e Matteo che si alternano alla guida, difficoltosa per il continuo cambio di stato della strada piena di buchi e polverosa. Il panorama è grandioso. facciamo sosta per il pranzo e arriviamo a Korogh con la luce. Cena in un ristorante con la terrazza sopra il fiume. 

Donnerstag, 4. August 2016

Ventitresima tappa - Dushanbe, Tajikistan


Ci svegliamo alle 5.30 con il fine di arrivare alla frontiera con anticipo. La strada è lunga, non molto trafficata, con 10 km ottimi e poi buche, attraversamento di villaggi. Proviamo a fare una sosta nella città natale del tamerlano, che e completamente assorbita da un nuovo piano urbanistico, entriamo nella tomba, ma non riusciamo ad avvicinarci al palazzo. Perdiamo un po di tempo, questo mi innervosisce un po. La guida è a tratti, non so se e meglio guidare prendere le buche e le sgridate di Domenico o se vedere come gli viene sonno...Attraversiamo un deserto di rocce, tratti verdi coltivati a frutteto e molto cotone. Ai lati della strada vendono mele facciamo un passo di montagna  a 1800 metri e poi di nuovo in giù. Fare diesel non è facile perché qui tutte le auto sono a gas ( metano o propano) e solo i trattori e pochi camion sono con una pompa a parte senza contatore. Entriamo nella dogana uzbeca alle 14.20, siamo felici come delle pasque di averci passato solo 40 min., visto che eravamo completamente soli. Mentre Domenico e la macchina vengono controllate con dettaglio, la doganiera uzbeca, biondona russa si fa tutti gli affari miei e controlla le foto. Arriva indietro alle foto del Madagascar e del Sudafrica e chiama tutti per vedere le foto delle giraffe e del leopardo.
Passati in Tajikistan ci sono due macchine davanti a noi, una di italiani che abbiamo già visto a Bukhara e una lada con 3 cechi. Sorpassiamo un ceco in bicicletta e speranzosi portiamo i nostro documenti.  Risulta che stanno tutti aspettando perché c'è un modulo nel computer e non lo sanno stampare. Proviamo a convincerli di farlo a mano, proviamo a risolvere i problemi di stampante russa, passiamo così 3 ore. Una volta stampato, nessun controllo e una autostrada con un asfalto perfetto ci porta in città a Dushanbe, capitale del Tajikistan. Per la strada dell'albergo riconosciamo Matteo e incontrarsi a Dushanbe così è molto particolare. Cena con tanti racconti e poi a letto. Da domani niente internet e blog, ma siamo in tre e non abbiamo nessun problema.   

Mittwoch, 3. August 2016

Ventiduesima tappa - Samarcanda, Uzbekistan

Rilassata partenza alle 8.30, il sole è gia alto. Rientriamo nel mausoleo di Tamur, sempre bello. Prendiamo un taxi che attraversa la città sovietica, sembra di essere in periferia a Varsavia o Cracovia, ma ci porta al museo di Afrosiab, vecchio nome di Samarcanda (anche Macaranda sotto Alessandro Magno), dove una vecchia  signora sdendata, ma con un ottimo inglese ci fa da guida attraverso i reperti degli undici strati della città. Fuori non si vede che una collina di sabbia, lei stassa dice che non  c'è nulla all'esterno, ma di particolare nel museo ci sono degli affreschi provenienti dal palazzo del khan che testimonia  la centralità nell'antichità (VII) di questo posto. Ci avviamo su un viale già assolato, tagliamo per il cimitero ebraico per giungere al cimitero dei famigliari del tamerlano. Ogni edificio contiene 2-3 tombe, ma l'entrata e sempre maiolicata e l' interno è con le cupole a stalattiti, uno accanto all'altro in una stradina stretta. La più importante e quella del cugino di Maometto, che ha diffuso l'Islam in Asia centrale. Qui arrivano i pellegrini, ma la visita è breva: si entra nella stanza davanti alla tomba, ci si siede sulle panche, un tipo assolutamente normale con un cappellino in testa canta una preghiera corta, tutti si portano le mani al petto, le  aprono e poi le mettono davanti alla faccia. 3 minuti e poi fuori a fare foto e passare alla prossima tomba. Ci sono ancora quelli che fanno le foto e noi siamo molto richiesti. Luogo suggestivo, dove alla storia e architettura si somma la visione del paese normale. Passiamo per il mercato ricco, con reparti di solo pane (un solo tipo) fatto a mo' di pizza e schiacciato in mezzo con semi di sesamo e decorazioni, venduto su carrettini da una miriade di persone. Molto bello quello della frutta fresca, piena di erbette aromatiche (tra cui spicca il finocchietto fresco) e della  frutta secca, con tante varietà di albicocche e noci. Un reparto è solo di torroni e di dolcini di sesamo e halva. Ci sono dappertutto fondi di torta preparati per essere riempiti. Facciamo le nostre scorte e poi ritorniamo alla visita della moschea più antica della zona, con un enorme arco, ma all'interno molti diroccata, ma fascinosa. Facciamo una sosta tattica in un bar all'ombra, Domenico tra un email e l'altro sonnecchia, io leggo il mio libro e faccio i miei giochini. Alle tre di nuovo in moto, prima per acquisto di sciarpe (pashmina uzbeca) poi di susan ( seta su seta). Entriamo nella città vecchia, non monumentale ma con un matrimonio in corso, con tutti elegantissimi. Finiamo la visita turistica con il Regestan sulla cui piazza si aprono 3 facciate del XI -XIV secolo e del XVI di moschee e madrasse. Bellissime tutte a tre, differenti nelle facciate e geometrie, ma con l'interno occupato da negozietti di souvenirs. Ci sono comode panchine sotto gli alberi e ci godiamo le maioliche e le strutture, guardando la gente che passa. Per cena torniamo al ristorante della pausa, e ordino tutto il menu, molto buono e abbondante ( per 7 euro in tutto: ravioloni di carne, zuppa uzbeca, peperoni ripieni, spiedini di carne e riso con carne e carote). Ora al nostro strategico bar con vista sul regestan illuminato. 
Domani mattina ci svegliamo  presto, ci aspettano strade di montagna e una dogana probabilmente lenta e faticosa. La meta  è Dushambe (Tajikistan) dove ci dovrebbe aspettare Matteo per le tappe di montagna. 

Dienstag, 2. August 2016

Commenti sul blog

Ho deciso di usare questa forma di diario sul web per informare la mia famiglia e gli amici e tranqulizzarli. All'inizio io dettavo e Giulia scriveva, ora lo faccio da sola e lo leggo a Domenico prima di pubblicarlo. Questo crea dei dissapori, perchè secondo lui io sono critica e negativa, non do importanza alle cose storiche e archittettoniche. Ha comiciato anche lui a mettere per iscritto  riflessioni tematiche, che vorrebbe che io inserissi nel "mio" blog, ma non ci siamo messi d'accordo. Per il resto siamo una coppia collaudata e viaggiare insieme e sempre un piacere.

Ventunesima tappa - Samarcanda, Uzbekistan

Stamattina colazione sontuosa e di buon passo e voglia programmiamo il nostro giretto a Bukhara e gli ultimi acquisti: 2 vestiti per me  ( Domenico contratta meglio se c' è della quantità) e incredibilmente le prime ( e ultime) sciarpe di seta. Il daltonismo di Domenico lascia sempre esterrefatti i venditori a cui chiede sciarpe verdi puntando a blu... Come lasciarsi sfuggire una statuetta per il presepe, composto da 5 signori su una panca a bere tè?
La cittadina non ha più segreti per noi, siamo tristi di lasciarla, ma la strada ci aspetta. Prima però visita a due mausolei fuori dalle mura ( molto belli e antichi ) e un passaggio veloce al mercato locale, con bellissima frutta secca, fresca, formaggi, carne...
La strada non è bella, piena di buche e molto discontinua con semafori e controlli di polizia. Domenico ha il suo solito calo di tensione, le noccioline e l'acqua non funzionano, io prendo la guida e lui dorme.. Il paesaggio diventa sempre più arido, le coltivazioni sono solo di cotone, abbandoniamo il canale e il fiume di Bukhara per spostarci lentamente verso est, con un gran vento e caldo. Per chi non lo sapesse, non abbiamo l'aria condizionata, qui dobbiamo raggiungere un difficile equilibrio tra rumore, vento, aria.... Non si sente nemmeno la freccia, la radio e tutti i nostri CD rimangono inutilizzati come tutti i libri che ci siamo portati.
La descrizione del nostro albergo per 2 notti a Samarcanda non è entusiasmante, ma siamo di ottimo carattere e basta che sia pulito e fresco.
La città è di fattura sovietica, non delle peggiori, con grandi vialoni e parchi e alberi di pini, l'aria e piu fresca, l'albergo non particolarmente accogliente, per cui ci buttiamo immediatamente alla scoperta delle meraviglie turistiche, che sono veramente impressionanti e magnificenti. Domenico è affascinato dalla figura del tamerlano, ormai grazie ai pannelli di spiegazione sappiamo di tutte le sue prodezze e lo abbiamo seguito fina qua, e visitato la tomba, prevista in realtà per suo nipote. Attraversando a piedi i vialoni arriviamo ai 2 gruppi di madrasse, molto belle e diverse tra loro, con minareti decorati e cupole blu. Qui in Uzbekistan il muezzin è proibito e non ci sembrano particolarmente religiosi. Difronte a tutto, tomba di sultano, pietra del corano, si fermano due minuti e pregano. Ci sono gruppi locali di turisti, donne di una certa età in costume tradizionale immancabilmente con un sorriso d'oro zecchino che mi chiedono di fare foto e mi danno grandi abbracci. Io sono stasera un po stanca e quindi ceniamo presto ma poi non possiamo resistere ad un tavolino strategico, difronte alle moschee principali e il relativo gelato (abbastanza cattivo).

Montag, 1. August 2016

Bukhara, Uzbekistan

Colazione sontuosa in albergo nella stanza da pranzo affrescata, con riso, porridge, crêpes, fichi, prugne, cocomeri e pesche, marmellate, pane. Rinforzati e di ottimo umore, ci perdiamo nelle stradine ancora non restaurate, piene di polvere e lavori in corso per raggiungere una vecchia moschea con 4 minareti. Qui si sta trasformando molto velocemente un un luogo turistico di massa, con negozi di souvenir, sciarpe di seta, vestiti, braccialetti, cuscini in ogni caravanserraglio. I tappeti non sono dominanti ma noi siamo alla ricerca di un bukhara. In ogni moschea e madrassa, ci sono piccoli musei, che contengono cianfrusaglie e vecchie foto. Qui provano a dire qualche parola in inglese, italiano e si lamentano della mancanza di turisti, per via della bassa stagione. Vediamo 2-3 gruppi ( italiani, cinesi, francesi) e qualche coppia. C'è un gran vento e si alza la sabbia del deserto, ma l'atmosfera rimane magica e calda, con tutte le mattonelle azzurre che luccicano. Alle 13.00 saliamo anche sul palazzo del khan, in parte in rovina che domina la città. Siamo stachanovisti e non facciamo pausa fino a quando tutte le rovine, moschee e musei non ci sono familiari, come tutti i venditori di souvenir. Facciamo una pausa all' ombra di un bar, lungo la fontana/laghetto centrale, per riprendere le forze e definire la strategia, con un te verde, qui molto diffuso e un gelato, del pomeriggio e degli acquisti. Abbiamo diversi oggetti di interesse: ceramiche locali, decorazione di tappeto sopra le porte, tappeto di Bukhara, vestiti, tovaglie forse sciarpe...Qui le signore usano meno il costume tradizionale, costituto da una specie di pigiamino con orlo ricamato in fondo ai pantaloni a mezza gamba e casacchina uguale, ma si vendono sciarpe già viste in Europa. Il mercato dei gioielli locali, che occupa una parte di un bazar è solo per loro e non ci sono oggetti di nostro interesse. Nella visita di un monumento vengo avvicinata anzi braccata da una signora che mi chiede di far conversazione in inglese, non hanno molte possibilità di praticarle e utilizzano i turisti per scambiare due parole. Entriamo un un negozio di tappeti e una giovane donna con un fratello insalanuta, ci spiega la differenza dei disegni e delle lane dei tappeti di Bukhara. Siamo subito attratti dai tappeti di pelle del collo del cammello baby.... molto più fini di quelli della schiena di cammello,  o di lana di pecora o capra e più sensibili al colore dato dalla melograna! Ne scegliamo due, ma non ci mettiamo ancora d'accordo sul prezzo. La ragazza insiste nel spedire e pagare quando li riceviamo, lei e sicura noi un po meno. Proseguiamo con l'acquisto di una teiera e 4 coppette con discussioni vivaci tra domenico e Zarina per 2 euro, con una giovane russa per i copriporta, i vestiti risultano impossibili addosso a me, visitiamo un caravenserraglio pieno di tappeti vecchi, ma molto rovinati e poi torniamo alla trattativa che finisce bene per i tappeti di cammello che saranno spediti. Tutti fanno molti complimenti a Domenico per la sua abilità a trattare e io mi limito come al solito alla scelta. Tramonto con vista sulle madrasse luccicanti e ottima cena nel ristorante locale con canzoni dal vivo e tanta gente. 

Sonntag, 31. Juli 2016

Ventesima Tappa -Bukhara,Uzbekistan

La descrizione di ieri non era molto felice, ma una volta superata la dogana, la strada ci ha portato velocemente a Bukhara. Ci siamo persi nei vicoletti locali, facendo angoli assurdi con la nostra macchina fino ad arrivare praticamente in centro in un hotel dentro una casa tradizionale del 1800. Ci siamo messi in moto a piedi subito e persi nei vicoletti e nelle piazze piene di edifici color sabbia e con decorazione e mattonelle, e poi moschee, madrasse e minareti. Gli ultimi raggi del sole li abbiamo presi su una terrazza, con vista su una torre del 1000 fiancheggiata da una madrassa e una moschea. Veramente splendido. La vista era cosi bella che la signora ci h tentato con la cena e l'abbiamo gustata con vista! Plov piatto tradizionale a base di riso, carote e brodo di pecora e ravioli ( tipo momo tibetani) con zucca, patate o carne. Melanzane grigliate ad insalata con pomodori, melone e yogurt e il pane locale. Sulla piazza bambini in bicicletta, carrozzine, signore. Finita la cena era buio e siamo passati nella parte più vivace, una strada piena di locali, bar e ristoranti ai lati di edifici storici. In un ristorante ballavano con musica locale, ci siamo fermati a guardarlo dall'altro e una vecchia signora mi ha preso la mano e cominciato a ballare con me (!). Sono stata strappata alla signora, da un passante vecchio, in camicia bianca e con tutti i denti d'oro e ho seguito malamente le sue mosse, in una folla crescente di pubblico e foto. Qui si vedono turisti e ci sono negozi di souvenir. Anche qui si pratica un cambio nero, alla luce del sole. Ci sediamo in un bar locale strapieno di famiglie, di fronte a noi due donne che ci hanno offerto di dividere il tavolino e ci offrono dolci locali. Ordiniamo il nostro tè, come tutti gli altri e i dolcetti locali, chiedo timidamente se sanno l' inglese e la ragazza giovane, ci risponde in un buon inglese e cominciamo a chiacchierare sulla sua famiglia (azera, cresciuta in kasakistan e ora a Taschenkt), dei costumi locali, dei suoi sogni di lavoro, etc. La madre segue, si capisce che si sforza di capire ma parla solo russo. In Uzbekistan la parte della capitale parla russo e uzbeko, qui si parla tajiko. Ci riempiono di dolcetti, ci offrono il te e sono pronte ad aiutare e incontrare Matteo. Alle 11 di sera riusciamo a fare gli auguri direttamente a papà (87 ben portati) e a parlare con Tommaso, che sembra essersi ambientato molto velocemente al clima sperlongano

Diciannovesima tappa - confine Turkmenistan - Uzbekistan

 Propongo di rilassarci in piscina, non male con vista sull'albergo. Ci sono lettini e ombrelloni, un po di venticello, ci sistemiamo ma arriva un gruppo di turcomanni grassocci e rumorosi e ci grassocci e rumorosi e ci passa la voglia. Io scrivo il blog, Domenico lavora o dorme. Invece di prendere la macchina, ci avviamo lungo il canale, con giostre e parchetti. Sulla strada principale edifici nuovi bianchi ospitano di sicuro i matrimoni e appena ci affacciamo siamo invitati a sederci. Osserviamo solo la scena. In fondo alla sala piena di tavoli bianchi ci sono i due sposi, lei con il fazzoletto davanti alla bocca. Su un angolo donna con microfono e fotografo, nei tavolini donne e bambini da una parte e uomini dall'altra. Le donne tutte in costume tradizionale e le vecchie con 1000 denti d'oro. Sul tavolo cibo in gran quantità, salato e dolce insieme. 
Non accettiamo l' invito a cenare e vediamo in un angolo della strada principale un gran forno e barbecue. Saliamo al piano di sopra con delle inquietanti poltrone rosse che fanno da separazione per i tavoli da 8 e completamente alla cieca ordiniamo la cena, che risulta una zuppa, un kebab, un polletto senza petto e uno stufato di bue con cipolle e pomodori. Vengono vendute anche bevande alcoliche e ci prendiamo una birra locale. Sulla via del ritorno ripassiamo al matrimonio. Sui tavoli ora c'e grappa e birra e gli uomini insistono che domenico beva. Riusciamo a convincerli che rimaniamo solo per vedere lo spettacolo, ballerini locali con danze locali seguiti da tre ragazzotti locali che  ballano il break dance. Tante foto e poi riusciamo a liberarci. Abbiamo troppi soldi locali prelevati in banca e il cambio e estremamente sfavorevole, l'albergo non vuole prenderli e pretende dollari. Affrontiamo il problema la mattina alle 7 dove per accettare il pagamento in soldi locali, ci chiedono un cambio impossibile. Domenico protesta veementemente fa un giro nel bazar per vedere se si cambia meglio, poi convinciamo l'uomo ad accettare il cambio (sempre molto a nostro sfavore) e partiamo. lasciamo la città ed entriamo nel deserto, lunga una strada non tanto male, all'inizio ci sono cammelli poi più nessuno, deserto con dune di sabbia e vegetazione rada.  Due tre controlli di polizia, con grandi strette di mano. Arrivati a Turkemabad, seconda città del paese, facciamo benzina, laviamo la macchina e cerchiamo nel bazar (sempre di costituzione sovietica) ma con gran movimento di cambiare i soldi. Riusciamo nel nostro intento, attraversiamo il fiume Oxos su un ponte di barche ( molto costoso) e ci perdiamo nella campagna. La mia idea di fotografare tutti i cartelli con le indicazioni dei paesi verso cui stiamo andando è svanita, qui nessuna indicazione. Arriviamo alle 13.05 ad un cancello, ma i militari ci dicono che sono a mangiare e di aspettare le 14.00. Ci mettiamo sotto un albero e io scrivo mentre Domenico si riposa. Alle 14 ci aprono il cancello, arriviamo in una dogana con aria condizionata, ma sono andati a mangiare e ci dicono di aspettare le 15.00. Lentamente iniziano le operazioni, questa volta siamo soli, ci sono camion in file separate e 4 poveretti che sono a piedi e dietro di noi. Controllo veterinario, disinfezione della macchina( pozza sporca),  formulari, timbri, controllo delle medicine una ad uno, controllo delle foto sul telefonino, bagagli, motore e la lotta contro il computer per inserire i dati della macchina. Uscita dalla dogana senza forze ( ma per fortuna senza pipi) alle 17.00. E non so se può dire ancora inscialla! Penso a mio figlio matteo e se avrà pazienza e nervi saldi nel fare questo da solo. Penso anche al compleanno di mio padre e spero nell' internet stasera. Ma ne valeva la pena veramente!

Samstag, 30. Juli 2016

Merv, Turkmenistan


Per visitare Merv abbiamo deciso di prendere una guida, la usiamo per andare prima dal gommista e poi cambiare soldi all'aeroporto. Qui tutti vogliono dollari. Mentre Domenico cambia io sono di nuovo alle prese con una sposa in abito tradizionale, con tanto di gioielli d'argento che va in aereo a sposarsi  nella capitale. Per fare le foto vengo anche pagata!
Le rovine sono sparse su un'area agricola e consistono in muraglie di fango che delimitano perimetri immensi, che contenevano vecchissime città, abbandonate per via dell'acqua o per le distruzioni dei mongoli. Molto suggestivo, molta immaginazione. Nell'area restaurata arrivano famiglie locali, per i quali tutto e occasione di festa e di buona fortuna, passiamo nella zona completamente nuova ( ma almeno in stile antico) che oltre alla tomba di un sufita famoso, ospita il luogo dove la gente porta pecore e capre da sacrificare, per poi lasciarsele cucinare e mangiare (donne e bambini da una parte, uomini dall'altra). Molte foto, Domenico mangia con le mani il piatto locale, riso, carote e pecora stufata. Facciamo anche noi una sosta con la guida in uno di questi caffe, invece di andare in una stanza separata con aria condizionata, rimaniamo nel cortile pieno di moschini e mangiamo il piatto locale, costituito da pezzi di pane cotti nel brodo di pecora e pezzi di carne. Gustoso.
L'Islam qui si vede solo nella mancanza di alcool, altrimenti niente velo. Le somiglianze sono con i turchi e l'impronta sovietica si vede dalle vecchie strutture tipo i bazar. Visitiamo il museo che oltre ad una sezione sul culto della personalita del,presidente ha una vasta sezione sui reperti archeologici e la vita tradizionale e il bazar, pieno di egozi per i matrimoni (vestiti, parrucchieri, ..)

Diciottesima tappa - Mary, Turkmenistan


L'uscita da Mashad e tranquilla, facciamo benzina e ci avviamo sulla strada verso la frontiera con il Turkmenistan, lungo la steppa gialla e poi attraversando nuove montagne colorate. Dal passetto si vede la pianura sconfinata, davanti a noi si apre un'area brulla e scompaiono paesi e macchine. Facciamo una pausa in un caravanserraglio sperduto nella steppa e restaurato, tutto recintato. Dal nulla spunta una signora, ci apre il cancello e siamo soli in questo luogo che 1000 anni fa ospitava le carovane. Spendiamo in nostri ultimi soldi in acqua ( un camionista ci offre la banzina) e affrontiamo la frontiera alle 13 iraniane. Siamo soli, in mezzo a camionisti di tutte le nazionalità, sono tutti molto gentili, ma il processo e lungo. Accanto a me nel salone passeggeri alcune donne turcomanne, nei vivaci costumi locali. Superato l'Iran passiamo nelle mani di giovani turcomanni, che parlano russo ma niente inglese. Molti formulari, molti sportelli, un lungo controllo della macchina e dopo 3 ore passiamo in Turkmenistan. Ci stiamo spostando verso est e quindi l'orologio viene spostato in avanti. La strada e unica senza indicazioni e piena di buche. I camion sono lenti, ma si sorpassano facilmente, il traffico locale e di macchine nuove e veloci che saltano su queste buche che sono veramente micidiali. Domenico non si accorge di uno stop e veniamo fermati dalla polizia locale che si accontenta di 20 dollari di multa.. Abbiamo una serie di controlli, registrano a mano e lenti tutti i dati della macchina e poi ci lasciano andare. Verso Mary, la strada si raddoppia, l'asfalto migliora e arriviamo ancora con la luce in una città pazzesca, fuori dalle nostre aspettative. Il presidente in carica, come il suo predecessore eletto con il 97% dei voti e su tutti i manifesti e statue dorate, gli edifici compreso il nostro albergo (finito l'anno scorso e di cui siamo gli unici ospiti) son nuovi di zecca, bianchi e colonnati e si illuminano con luci colorate di sera). Per la strada che e un vialone a 6 corsie passeggiano le donne tutte nel costume locale, vestito lungo, molto stretto con ricami al collo e gran foulard sospeso e colorato per le donne sposate. Non troviamo locali o bar e le distanze sono e ormi, prendiamo la macchina e sul nostro google arriviamo in un ristorante. Qui i ristoranti hanno stanzette separate e chiuse da porte o tende, noi chiediamo di mangiare nell'area comune ma siamo i soli. Il menu ha qualche foto, ci facciamo aiutare e ordiniamo l'insalata locale (pomodori e cetrioli), kebab e una specie di piadina riempita di carne e ahime coperta di ketchup. Il proprietario arriva, parla inglese, è fiero del suo ristorante turco dove il servizio non e sovietico...in albergo funziona internet, ma non whatsup e facebook. Mi rileggo le vicende di fede, vengo a conoscenza dei ladri a roma da mio padre.
La sera il rientro in albergo e ostacolato dalle spose: qui si sposano in bianco (o in costume tradizionale) con macchine anche tutte addobate e fanno rally per i vialoni cittadini, poi si piazzano difronte al nostro albergo per le foto in posa, con o senza marito e damigelle. Molto divertente, noi siamo coinvolti mentre la polizia passa in continuazione per evitare ingorghi stradali.

Mashad, Iran


Il tentativo di entrare nella moschea di sera è risultato complicato, erano le 6 del pomeriggio del giovedi e la preghiera durava molto di più per via di un giono festivo e quindi un lungo weekend. Domenico passa inosservato ed entra, io invece mi metto in fila in mezzo a 50 donne di tutte le età, che spingevano come pazze, ma non passo il controllo e mi rimandano dalle guardie all'entrata. Dopo un po' mi passano al telefono qualcuno che parla inglese e che mi spiega che non e possibile per via della folla di entrare. Non desisto e lo prego di fare un'eccezione, e dopo una lunga trattativa il povero interprete mi viene a prendere. Di nuovo controllo, spinte e attesa, qualche scetticismo sui miei piedi scalzi (sciarpa e chador erano perfetti) e poi mi ricongiungo ai due uomini. Il ragazzo, un ingegnere civile che lavora come interprete ci accompagna nei vasti cortili dove si ammassa la gente all'esterno della moschea per la preghiera. In una corte ci sono solo arabi, vestiti in bianco, in ogni cortile ci sono diversi mullah riportati anche in grandi videoschermi e tutti tappeti, pieni di gente, separati tra uomini e donne. La luce della sera cala, il ragazzo ci deve riaccompagnare all'uscita. Molto interessante. Facendo due passi sulla strada principale, ci cade lo sguardo su un quadro di tappeto con il wetterhorn, la montagna di Grindelwald. L'uomo chiede una cifra esagerata, non e disposto a trattare e dopo ampie consultazioni non possiamo lasciar perdere un'occasione unica. Andiamo a cena in una tradizionale tea house, con i tavoli ricoperti di tappeti e si mangia seduti sui cuscini. Dopo cena ripassiamo dalla moschea e la gente sta uscendo, io torno in albergo e Domenico si intrufola di nuovo e torna molto commosso da tanta gente (piu di uno stadio) e dalla partecipazione. In albergo le orde di pellegrine in nere, sono molto vivaci e chiassose e provano in tutti i modi a dire hello.
Riesco a parlare con Tommaso a Roma felice e contento. Anche questa parte e finita bene
La mattina alle 7 ho più successo e convinco la guardia a farmi passare e ci godiamo i dettagli dei diversi cortili, già con tanta gente. Non e tanto il monumento di per se, quanto l'atmosfera molto mistica e allo stesso tempo chiassosa e familiare.




Freitag, 29. Juli 2016

Diciassettesima tappa - Mashad, Iran

La tappa era una delle più lunghe, come chilometri abbiamo già fatto più della metà dei chilometri previsti. Ci siamo svegliati presto, ma lo stesso la partenza è lenta perche si trattengono i passaporti e non sii può pagare in anticipo. Ci mettiamo in moto ma con noi anche tante macchine di turisti locali, nelle macchine ci sono sempre 5-6 persone anche se la dimensione è quella di una vecchia 1100 (sepa renault). Si fermano sui bordi della strada e fanno grandi picnic su un tappeto. La prima meta turistica e il bazar della cittadina di Gonder, dove parcheggiamo in pieno bazar, vivace di frutta,carne, noccioline, formai, pasticceri. Ci prendiamo anche il tipico gelato di colazione: spaghettini di riso gelati, con gelato allo zafferano e pistacchi e aggiunta di succo di limone. Poi proseguiamo nella deviazione turistica che consiste in una tomba del 1000 d.C. alta 55 metri e che anche i mongoli hanno lasciato in piedi. La zona è abitata da turchmeni, si vestono diverso, con fazzoletti e vestiti colorati. Facciamo due passi, proviamo a comprare i foulard ( sono sintetici e i negozi hanno nomi italiani), ma poi lasciamo perdere.Finora niente acquisti di seta! Attraversiamo il parco naturale del Golestan, con una fitta foresta di alberi tipo querce, non troppo alti, ma folti. Lungo la strada in salita molte macchine e molti picnic. Arriviamo in cima al passo e capiamo perchè era chiamato il "paradiso", davanti a noi si apre una ampissima steppa gialla, con ai lati 2 catene di montagne, colorate anch'esse di giallo. La strada e ad una o due corsie , i chilometri sono tanti e l'arrivo a Mashad, seconda città dell'Iran con5 milioni di abitanti e lento. Il nostro albergo e vicinissimo alla tomba dell'ottavo Imam, l'unico posto sacro dei musulmani in Iran e meta dei pellegrini. Ci dobbiamo far indicare da un taxi l'entrata dentro il bazar e decidiamo di mangiare di nuovo in albergo. Non ci aspettavamo di trovare al nono piano oltre ad una vista meravigliosa sull'area e sulle moschee, anche 2000 pellegrini, lanciati sul buffet. Esperienza interessante. Proviamo ad entrare nel complesso pieno di luci, ma la mia sciarpa non e sufficiente. La mattina, colazione allo stesso modo, a noi ci mettono in tavolini un  po' separati. La guardia all'esterno mi fornisce uno chador bianco colorato, passo il controllo con le donne che mi sistemano sciarpa e chador, ma veniamo fermati perchè i turisti devono essere accompagnati. Arriva un signore che parla italiano e ci guida nei diversi cortili, musei e biblioteca, raccontandoci un po della storia (poco) e fieromdell'Iran. Qui sono tutti contro l'Arabia che supporta i fanatici e dicono che l'islamismo e molto aperto e tollerante ( a parte lo chador, che mi cade da tutte le parti. Vediamo un filmino sul complesso,dietro ad una fila di giovani in nero, che si rilevano italiane che stanno studiando farsi a Venezia e sono qui per 40 giorni. L'uscita dal complesso e proprio davanti al bazar dei tappeti, che però sta chiudendo. Io propongo di cambiare genere e comprare un tappeto nuovo, di seta e con motivi floreali. Ce ne sono di bellissimi, ci concentriamo su uno e Domenico parte la trattativa, ma non cedono di un dollaro. Anche la finta non funziona, ma completiamo l'acquisto. Sciarpe 0, tappeti 3! Nel bazar il tipico frullato di noci,pistacchi, mandorle, gelato e pezzi di banana (sempre frutta no?), bevande con semini e poi un bazar locale con negozi di sciarpe locali, gioielli di argento,zafferano e souvenir per i pellegrini. Acquisto di zafferano in gran quantità e per un notevole prezzo, ma questa e la regione!
Ora proviamo ad entrare da soli nella moschea e domani partenza per il Turkmenistan. Il nostro spotter funziona, vediamo internet.
Salute ottima, stomaco a posto, ottimo umore e ancora voglia di viaggiare.

Sedicesima tappa - Tehran, Siri


La mattina ci muoviamo presto da Qazvin per arrivare alle 10 a Tehran, dove Domenico aveva un appuntamento di lavoro. I chilometri non sono tanti, ma il traffico in entrata e bestiale, 30 km prima della città si sta gia in colonna, dove per 3 corsie ci sono 6 colonne e tutti si muovono costantemente da una parte all'altra. Lo stile di guida è particolare, nessuno si ferma e tutti attraversano e si spostano di corsia con la legge del più forte, piú veloce e senza tener conto di  prEcedenze o pedoni. Praticamente le strade non hanno incroci e qui di si usano conversioni di marcia, più o meno organizzate. Io preferisco guidare che indicare la strada, il telefono diventa bollente, ma arriviamo in tempo. Mi sistemano in una stanza con internet, faccio un po di email,scarico anche io l'applicazione magica, che ci porta quasi sempre al posto giusto, mangiamo uno spiedino offerto dall'amico di domenico e alle 14.15 puntuali siamo in marcia. Ci hanno consigliato di fermarci prima del potenziale punto previsto, per via del traffico. Ci avviamo sotto un notevole caldo, ma decidiamo di fare una strada più lunga, che attraversa la montagna. All'inizio ci sono tutti punti di ristoro e camioncini che vendono frutta, che cambia a seconda della regione ma che è spettacolare. Poi lasciamo la strada maestra e saliamo verso il vulcano innevato Damavand, la montagna più alta del medioriente. La strada e chiusa, un militare giovane non ci vuol far passare, domenico insiste, arriva un ragazzo che parla un ottimo inglese e riusciamo a passare, per avere una migliore vista anche su un lago artificiale. Lungo le pendici ci sono molte arnie e nelle tende ci sono gli apicoltori, qui il miele e molto usato e si trova nei negozi, anche con i pezzi di alveare. Ottima temperatura e aria, bellissimo. Passiamo il campo base degli scalatori e poi rientriamo nella strada principale,trafficatissima che scende lungo una valle a tratti quasi un canyon,  molto lungo e stretto con bellissime rocce colorate, che però sembrano molto poco stabili. Ci sono camion e quando arriviamo in prossimità del Mar Caspio arriva prima la nuvola e poi la pioggia!!! Aumenta il pericolo stradale, anche perché sono tutti in vacanza e fa impressione vedere in vendita salvagenti... Qui in realta vendono di tutto ma a tratti, in un punto pentole, poi tende da campeggio, poi frutta. Attraversiamo una fila di paesi che verso sera profumano di grill, pieni di gente che attraversa l'autostrada, camioncini di frutta...e con il buio arriviamo in albergo nel mezzo di nulla. Ci mettiamo al tavolo e oltre al buffet c' è una scelta di piatti. Accanto a noi un vasto gruppo familiare, circa una 30 di persone, con gli uomini vecchi e giovani seduti da una parte, le donne con i bambini dall'altra. Le donne sono con vestiti diversi chi in nero,chi piú colorata, i bambini giocano con i telefoni e si riempiono tutti i piatti dal buffet, anche le nonne ma sono silenziosi. Ci guardano e mi avvicino per chiedere se parlano inglese e subito. Molto fieri ci raccontano che sono invitati a cena da una della famiglia che viene da Tehran, che alcuni hanno vissuto in America, che l'anziana ha visitato Roma prima della rivoluzione.

Quindicesima tappa - Valle degli assassini, Iran

Nonostante  una partenza veloce, ci troviamo ad affrontare il problema della benzina. I benzinai hanno solo benzina e non diesel e ci rimandano ad altri benzinai, finche arrivati in autostrada facciamo diesel con i Tir. 10 euro per un pieno e la macchina va...
Saliamo per una strada piccola ma asfaltata e con alcune buche e molte curve e tornanti la prima serie di montagne dell'Alboraz, per poi ridiscendere a picco su una valle laterale verdissima, coltivata a terrazze per il riso. Il contrasto tra le montagne brulle e colorate, i campi gialli e la valle verde e impressionante e affascinante. La valle detta degli assassini era stata abitata dagli ismailiti, qui di non si vedono moschee e i villaggi sono in parte ancora di fango. Si visitano due castelli, raggiungibili con degli scalini appesi, molto rovinate ma suggestivi per la posizione e la vista. In un paese vengono coltivate le ciliegie e acquistiamo per un prezzo europeo 3 franchi un chilo di ciliege enormi e buonissime. E famosa anche l'uva senza semi, piccola e saporitissima. Ci  lasciamo tentare e sostituiamo pranzo e cocacola con alimenti naturali per non incorrere nelle sgridate a distanza di Rosaria. Incontriamo anche i primi turisti, due ragazzi olandesi e una coppia di francesi. Sulle rovine un vecchio iraniano ci racconta della valle 40 anni fa. Attraversiamo in macchina un serie di canyon su strade laterali, tutti colorati e di forma diversa. Molto soddisfatti e con la musica di Battisti e dei Genesis risaliamo la montagna (in lontananza si vedono cime innevate) per ripiombare nella pianura sconfinata di Qazvim. La città non ha piu segreti per noi, ma il traffico e complicato e i taxi si destreggiano per riportarci in centro. Il palazzo none visitabile, ma sulla piazza c' e un gran movimento di gente, e tutti ci guardano e dicono hello. Visto da fuori tutte le donne in nero fanno impressione, ma dopo alcuni momenti ci si abitua e non ci si da caso. Loro invece sono molto curiosi e i bimbi ci indicano alle mamme. Le macchine sono vecchie, ma se ne vedono anche di nuove religiosamente bianche. Ogni macchina è un potenziale taxi, io sono scettica, ma funziona così. Ci fermiamo nella piazza a fare la fila per un succo, il più in voga e un succo con una banana, dattero e noce, gelato di vaniglia e frullato di banana! Sembra appetitosissimo, ma non vogliamo rovinarci la cena nello stesso ristorante; oltre ad un ottimo kebab, ci prendiamo un cosciotto di agnello tenerissimo. Qui non servono coltelli, ci si aspetta che sia tutto tenero o a pezzi e quindi non ce ne è  bisogno.

Quattordicesima tappa -Qazvim, Iran

Cena interessante, anche se fare l'ordine con un menu solo in iraniano e senza foto non e semplice, mangiato una specie di sartu di riso farcito con il pollo e un cosciotto di agnello. Risulta che andiamo al ristorante alle 8 mentre la gente qui arriva verso le 9-9.30. In Iran si paga solo in contanti e 100000 rial sono 3 euro, una buona cena costa circa 10- 15 euro a testa o un milione di rial in due. Dopo cena ci siamo fermati nell'albergo dove nel giardino e finalmente arrivato un po di vento. Partenza fresca alle 7.40 uscita facile dalla città, qualche nuvola all' orizzonte. L'autostrada per Tehran è a 3 corsie, poco traffico e molti caselli per il pagamento di cifre irrisorie. La strada scende  lungo una valle bellissima, con rocce coloratissime, piccoli villaggi di fango, e sui lati delle strade bancarelle di frutta prima albicocche e poi cocomeri e meloni. Arrivati nella pianura la temperatura si rialza ma alle 12.30 arriviamo dopo 460 km a Qazvin. Abbiamo scelto la strategia di avere alberghi con parcheggio, non proprio in centro, ma di muoverci con taxi. L'albergo ci lascia senza parole, oltre agli stucchi bianchi all'esterno, ad un'illuminazione da vittoriale, ci sono scaloni e saloni di alabastro, il bagno ha un soffitto a fiori... Presentarsi al bazar alle 13 non e proprio una buona idea, qui si usa la siesta per i monumenti. Il bazar e stato in parte ricostruito ed e occupato da negozi, ci spostiamo nella parte vitale, con ampi corridori pieni di frutta fresca e secca, molta uva, ciliegie, pesche, meloni..... Mischiati a utensili per cucina, vestiti, elettrodomestici. Tutto pulitissimo e vivace. I macellai che vendono solo grasso di pecora, o solo teste o piedi, si trovano nelle parti esterne con i pescivendoli e i fornai. Succo di carota e poi di nuovo al lavoro, ma il caldo ci fiacca e ci fermiamo in un baretto con aria condizionata molto trendy ( siamo soli) e ci concediamo una pausa con un sorbetto alla menta e cetriolo. Pur di non camminare oltre sotto la calura affronto il gioco delle carte, ma dopo una partita il ragazzo ci informa che e proibito giocare a carte in Iran. Leggiamo un po e poi ci rimettiamo in moto. Incontriamo un gruppo di signore, che attaccano bottone e mi spingono ad entrare oltre una porta chiusa e a visitare le stalle del caravanserraglio restaurate e piene di colonne. Veniamo accerchiate da altre signore che ci raccontano di essere insegnanti di liceo in pensione e ci raccontano della scuola separata tra uomini e donne, che le ragazze son piu brave e che le insegnanti donne non possono insegnare agli uomini. La traduttrice e una professoressa di inglese, che non lo ha mai praticamente usato, le altre la tempestano di domande. Questa volta ci concentriamo sui gioielli in particolare su sigilli di corniola, ma dobbiamo fare una puntata per cambiare i soldi. Qui sono tutti molto gentili a dare spiegazioni, ma tra il mancato inglese e le false stime dei metri, finiamo a fare chilometri.... Finito l'acquisto insisto per vedere i tappeti di Qazvin, ma i venditori molto onesti con quintali di tappeti ci dicono che non ci sono tappeti della regione. Non ci resta che concludere la visita turistica con una villa ottomana e una moschea, prima di entrare in un ristorante molto chic e ordinare metà del menu, in inglese e con foto. Tutto buonissimo accompagnato da litri di mojto non alcolico.



Dodicesima tappa - Tabriz, Iran

Dodicesima tappa - Tabriz, Iran
Alle 7 di mattina lasciamo Van e Giulia e attraversiamo la città deserta con meta finale Iran. La strada corre all'inizio lungo il lago Van, tranquillo e vasto, poi non più autostrada si arrampica sulle montagne e attraversiamo colate di lava, greggi di pecore e piccoli villaggi. Dopo 2 o 3 passi, ci appare difronte il monte Ararat, veramente bellissimo, isolato e pieno di neve molto più alto delle altre montagne. Il resto del paesaggio e giallo e brullo, la roccia è scura e lui si staglia verso l'alto. Possiamo capire come abbia avuto un' importanza biblica. La valle del confine è piatta e visitiamo il palazzo di Ishan Pasha a Dogubeyazit, che controllava tutto l'accesso in Turchia. Fatto controllo dell'olio e delle gomme, salutiamo la Turchia. Prima del confine ci sono file lunghissime di TIR, noi le sorpassiamo e arriviamo in un volo alla dogana turca, che richiede cinque minuti e poi passiamo a quella dell' Iran. Tutti molto gentili, pochi controlli, molta burocrazia per capire dove passare e cosa fare con la macchina, cambio dei soldi e poi via sotto 40 gradi verso il nuovo paese. Pochissimo inglese in giro, strade più polverose e senza segnalazioni, macchine più vecchie e guida spericolata. Il paesaggio è affascinante, un canyon stretto con dietro l'Ararat, poi si arriva in una piana brulla gialla e sconfinata, con piu di 40 gradi. Lungo la strada appena si costeggia un fosso, si vedono le famigliole (venerdì) che fanno picnic e grigliate. La strada e molto trafficata e io come navigatore nonostante una precisa app sono decisamente scarsa. Arriviamo in albergo, tempo di rilassarci due minuti e poi decidiamo di andare a mangiare in un ristorante tradizionale dalle parti del basar. Già capirsi con il taxi e chiedere istruzioni presenta qualche difficoltà, ma ci fiondiamo sui succhi di frutta e osserviamo la gente che e a passeggio. Tutti con il velo ma molte all'iraniana, con capelli biondi tinti e nasi rifatti. Tabriz e la capitale della provincia degli azeri e quindi diversa dalle altre, noi non vediamo grandi differenze con i turchi. Cena sui cuscini e il classico dizi ( stufato di montone con patate, ceci, pomodoro che viene separato dal brodo davanti a noi e pestato fino a renderlo una poltiglia da mangiare con il pane/pizza locale che viene anche messo nel brodo, mangiato a parte) Da bere uno yogurt frizzante,  niente alcool e birre.  Ora siamo 2.30 in avanti sull'orario italiano. In hotel dove sembriamo gli unici turisti, c' e un ottimo internet, ma non facebook e il blog.
Dopo una notte riposatissimi, con una lauta colazione locale, comprese una panna burrosa e una pietanza forse di fichi e sesamo, partiamo alla scoperta del bazar, patrimonio dell' Unesco e molto vasto e caratteristico, composto di più di 18 caravanserragli separati e viuzze strette, colme di negozietti. Frutta secca, gioiellieri e naturalmente tappeti, in ogni angolo e con ogni stile e dimensione. Mentre discutevamo dello stile che mi piace, siamo avvicinati da un tizio che parla inglese e che ci porta nel negozio, piccolo e nascosto e ci mostra piu di 40 tappeti vecchi. Cominciamo quindi la prima selezione, poi la seconda, la terza e la quarta, concentrandoci sui tappeti della zona, un tabriz e un tappeto curdo. La trattativa avviene a tre, ma domenico a gesti concludiamo l'affare. Ora possiamo dedicarci alla visita turistica,  con il museo degli azeri e la visita alla moschea blu, decorata da mattonelle blu cobalto, visibili ancora in alcune parti interne ed esterne. Missione compiuta ora si può tornare in stanza a riposare e scrivere.

Donnerstag, 21. Juli 2016

Undicesima tappa - Van, Turchia

La città di Erzurum alle 8 è ancora spenta ed è uno strano misto di costruzioni molte diroccate. Visitiamo una moschea adibita a museo, lo stile dei minareti e l'altezza delle moschee  è cambiato notevolmente, influenzato dallo stile iraniano. Visitiamo le moschee e le tombe, poi siamo accompagnati a visitare da un tizio locale con indicazioni in inglese fonetico, una casa ottomana, con la vecchia struttura, porte e arredamenti. Troviamo una giovane famigliola, che aiuta nella traduzione e scambiamo due parole. Si vedono più donne in nero e con solo gli occhi scoperti. Ci fermiamo in un' antica casa, adibita a ristorante e caffè, che raccoglie tutta una serie di oggetti vecchi, tra cui vecchie ciaspole. Con una buona scorta di ciliege e uva ci avviamo versi le montagne su strade minori ( sulla carta).

Decima tappa - Erzurum 2

La tappa era lunga, saliva e scendeva montagne e attraversava pianure larghe. Pian piano la vegetazione diventa più brulla e gialla. Sull'autostrada vediamo alcuni incidenti stradali, ma arriviamo al buio in questa città, famosa come stazione sciistica (sulla montagna si vede qualche traccia di neve, ma risulta difficile con 38 gradi immaginarsi gli sciatori... Un po stanchi, non ci allontaniamo troppo dall'albergo per provare la specialità locale, un doner cotto alla brace orizzontale e da cui ve gono tagliati spiedi allyou can eat. Siamo gli unici turisti nella città, forse da mesi, i menu sono rigorosamente in turco, ma siamo circondati da camerieri gentilissimi e fa un po impressione vedere tavolate di giovani turchi che bevono cocacola mangiando spiedini, con yogurt, insalata di pomodori, cipolle e una salsina rossa piccante. Il te e la baklava vengono servite di default e messe sul tavolo sin dall'inizio.

Mittwoch, 20. Juli 2016

Decima tappa- Erzurum 1

La città di Amasya e piena di turisti locali e souvenir di poco valore, dopo la visita alle tombe nelle rocce, raggiungibili con una scalinata ci rimettiamo in moto, con una notevole distanza da percorrere. Nonostante tutto ci fermiamo a Tokap, ahime non per lo spiedo, ma per un bagno turco, compreso massaggio al caffè, nel bagno turco nel centro della piazza. Io e Giulia entriamo in questo posto e con l'aiuto iniziale di una cliente ci concediamo questo,lusso per un'ora accorciando il rituale, senza perdere un minuto e un rituale. Allunghiamo la strada per  visitare il centro di un'altra città, segnalata dalla guida, con 3 moschee di stile iraniano, che servono ora più da bar e negozi di cianfrusaglie , pieni di gente che luoghi di culto. La strada risale sulle montagne con laghetti verdi cristallini, attraversa la faglia dell'Anatolia, diventa autostrada e viene costeggiata in molti punti da un gasdotto in costruzione

Nona tappa - Hattusa, Amasya


Abbandonato il turismo di massa e le autostrade, attraversiamo l'altopiano coltivato, in fase di raccolta. I nostri compagni di strada sono trattori e vecchie macchine con signori con la coppoletta nera. Nel cielo ci sono delle nuvole e risaliamo di quota, con una temperatura fresca e ideale per visitare il sito archeologico degli ittiti, che occupa tutta la collina e i cui pezzi archeologici più importanti, comprese le porte, si trovano nel museo di Ankara, mentre in quello locale sono rimasti solo pochi pezzi. Ci vuole molta immaginazione ma il fascino è grande. Adiacente in un altro sito le tombe sono fiancheggiate da altorilievi. Siamo soli e dopo un cocomero mangiato sulle rovine, ripartiamo alla volta di Amasya. Riprendiamo le autostrade e saliamo ancora verso la montagna, per arrivare in questa città, patria di Strabone, ma famosa per le tombe dei re pontici e dalle casette ottomane lungo il fiume. Rapida visita e comune decisione di far tornare il sorriso a Giulia andando a mangiare alle 19 in un ristorante fuori città in alto e con vista la specialità locale, Tokap kebab, spiedino di agnello e melanzane, cotto in verticale. Eravamo gli unici stranieri, il posto era popolare ma relativamente costoso, con tanti gruppi familiari, di giovanni donne, famiglie e fidanzati. Menu rigorosamente in turco, ma tutti gentili e tra tedesco e inglese e copia da altri ospiti abbiamo avuto una magnifica cena. Le donne portano velo, impermeabile, ma anche molte senza nulla. Difronte al nostro albergo in una delle case ottomane sul fiume, nella piazza di nuovo una manifestazione, tutti gli edifici e le macchine hanno bandiere turche e davanti a grandi schermi da cui veniva registrata una manifestazione in un'altra città si raggruppano folle con bambini, vecchi, vecchie e giovani. Lungo il fiume la strada era bloccata e tutti passeggiavano, mangiando gelati, pannocchie e/o un bicchiere di chicchi di mais, condito a piacere. Dal nostro albergo si vede la situazione e ci addormentiamo con i canti (stonati) inneggianti alla Turchia. La gente in generale ci ferma e ci chiede da dove veniamo, prova a parlarci in uno stentato inglese, spesso tedesco. Ogni tanto incontriamo macchine di emigrati in vacanza, anche loro interessati a scambiare due frasi e ad aiutare. I messaggi dei nostri famigliari e le notizie ci fanno riflettere sulla situazione. In realtà non abbiamo visto esercito o polizia, mentre dappertutto, dai minareti alle case, macchine o anche per strada ci sono bandiere turche.

Ottava tappa - Cappadocia


La mattina alle 4 veniamo prelevati per fare il giro in mongolfiera. Con noi molti cinesi. Il pallone si alza insieme ad una quarantina di altri palloni, con la luce, solo quando siamo in alto si vede l'alba. Il nostro pilota e molto scherzoso, risponde alle domande aviatorie di Domenico e sale e scende lungo le valli. Bellissimo. Soddisfatti del nostro giro ma con un programma intenso di visite turistiche, ci dirigiamo nel museo a cielo aperto, costituito da una valle con chiesette nella roccia. La luce è abbagliante e ci trasciniamo un po, ma non desistiamo e risaliamo a piedi una valle, con un sentierino tra queste particolari formazioni geologiche. Giulia finalmente capisce il meccanismo di formazione.... Senza sosta ( perché esistono anche quelle?) E con 39 gradi andiamo sul castello, che domina la valle. Per distrarci dalla calura insopportabile, compriamo collane di pietre, che sulla carta sono destinate alle sorelle, ma che rimarrano gelosamente nel mio patrimonio (per questo domenico ne compra sempre due uguali). Giulia agogna una sosta per dormire, ma un'altra valle si apre intorno a noi. Nel mezzo della valle ci concediamo un succo di arancia da un tizio che vive isolato e si lamenta della mancanza di turisti, per poi ritirarci in albergo verso le 17. Tempo di leggere due email, telefonarci con tommaso in costarica e aggiornarci sulle news, siamo di nuovo in strada in cerca di una chiesa isolata, molto isolata... Contenti delle mete raggiunte ci mangiamo il kebab nel coccio, che viene rotto con una coltellata maestra.

Ottava tappa - cappadocia I

Ottava tappa- Cappadocia
La città dormiva alle 9.00 di mattina quando dopo una lauta colazione turca (salata e dolce) ci siamo mossi in direzione Cappadocia. La strada  è ottima, attraversa l'altopiano anatolico, pieno di coltivazioni e macchine al lavoro. Ogni tanto dalla strada si vedono 5-6 tende bianche con bambini, non sappiamo però se sono lavoratori stagionali, apicoltori o campi di siriani. Non ci sono case sparse, i villaggi sono grandi e con palazzine alte relativamente nuove. Arriviamo nell'area di Ihlara dove cominciano le prime attrazioni turistiche, costituite da chiesette cristiane costruite nella roccia lungo un canyon stretto. Ci sono alcuni turisti locali e sotto il sole cocente visitiamo le più belle e ci concediamo un borek lungo il fiume. Domenico è informatissimo su tutti i santi locali ed è una  corsa a cercare di riconoscere Demetrio, Giovanni ed Elena e Costantino. Procediamo stavolta con un comportamento da turisti e non da autisti e visitiamo una città sotterranea su 7 piani, abitata dai cristiani anche per 3 mesi in caso di necessità dal passaggio di popolazioni nemiche. Primi souvenirs e ayran ghiacciati. L'arrivo in Cappadocia è mozzafiato: si aprano davanti a noi tutte queste vallette piene di mademoiselle coiffee ( la geologa che c' è in me) o di funghetti di tutte le altezze e dimensioni. Arriviamo nel nostro albergo costruito in uno di questi e con stanze nella base del fungo, belli cotti per godersi il panorama e il tramonto. La sera mangiamo  una cena locale, in uno di questi edifici nelle formazioni geologiche, ora adibito a ristorante famigliare, seduti su grandi cuscini di tappeti e gustando il vino anatolico.

Sonntag, 17. Juli 2016

Riflessioni sul colpo di stato

Noi siamo stati passivi spettatori di quanto è accaduto e non testimoni oculari. Quanto riportato dai giornali, sia italiani che esteri, non rispecchia in pieno quello che noi abbiamo visto e i pochi commenti che abbiamo ricevuto. In generale sia prima che durante che dopo non sembrava esserci paura. Di sicuro il giorno dopo c'era voglia di festeggiare e di rispondere alla richiesta del presidente di dare un segnale, ma le manifestazioni piene di bambini e donne e vecchi avevano un carattere molto popolare e non violento. L'uso di internet permette a tutti di ricevere le informazione e di avere una piattaforma per esprimersi, ma l'interpretazione delle singole foto può essere fuorviante. I messaggi alla popolazione avvengono in Turchia anche per mezzo degli autoparlanti dei muezin, che hanno una copertura capillare del terrritorio. Ci siamo chiesti come nei nostri paesi questo possa essere realizzato. La manifestazione popolare pacifica del giorno dopo richiesta dal presidente di sicuro è contro un attacco militare.