Sonntag, 31. Juli 2016

Ventesima Tappa -Bukhara,Uzbekistan

La descrizione di ieri non era molto felice, ma una volta superata la dogana, la strada ci ha portato velocemente a Bukhara. Ci siamo persi nei vicoletti locali, facendo angoli assurdi con la nostra macchina fino ad arrivare praticamente in centro in un hotel dentro una casa tradizionale del 1800. Ci siamo messi in moto a piedi subito e persi nei vicoletti e nelle piazze piene di edifici color sabbia e con decorazione e mattonelle, e poi moschee, madrasse e minareti. Gli ultimi raggi del sole li abbiamo presi su una terrazza, con vista su una torre del 1000 fiancheggiata da una madrassa e una moschea. Veramente splendido. La vista era cosi bella che la signora ci h tentato con la cena e l'abbiamo gustata con vista! Plov piatto tradizionale a base di riso, carote e brodo di pecora e ravioli ( tipo momo tibetani) con zucca, patate o carne. Melanzane grigliate ad insalata con pomodori, melone e yogurt e il pane locale. Sulla piazza bambini in bicicletta, carrozzine, signore. Finita la cena era buio e siamo passati nella parte più vivace, una strada piena di locali, bar e ristoranti ai lati di edifici storici. In un ristorante ballavano con musica locale, ci siamo fermati a guardarlo dall'altro e una vecchia signora mi ha preso la mano e cominciato a ballare con me (!). Sono stata strappata alla signora, da un passante vecchio, in camicia bianca e con tutti i denti d'oro e ho seguito malamente le sue mosse, in una folla crescente di pubblico e foto. Qui si vedono turisti e ci sono negozi di souvenir. Anche qui si pratica un cambio nero, alla luce del sole. Ci sediamo in un bar locale strapieno di famiglie, di fronte a noi due donne che ci hanno offerto di dividere il tavolino e ci offrono dolci locali. Ordiniamo il nostro tè, come tutti gli altri e i dolcetti locali, chiedo timidamente se sanno l' inglese e la ragazza giovane, ci risponde in un buon inglese e cominciamo a chiacchierare sulla sua famiglia (azera, cresciuta in kasakistan e ora a Taschenkt), dei costumi locali, dei suoi sogni di lavoro, etc. La madre segue, si capisce che si sforza di capire ma parla solo russo. In Uzbekistan la parte della capitale parla russo e uzbeko, qui si parla tajiko. Ci riempiono di dolcetti, ci offrono il te e sono pronte ad aiutare e incontrare Matteo. Alle 11 di sera riusciamo a fare gli auguri direttamente a papà (87 ben portati) e a parlare con Tommaso, che sembra essersi ambientato molto velocemente al clima sperlongano

Diciannovesima tappa - confine Turkmenistan - Uzbekistan

 Propongo di rilassarci in piscina, non male con vista sull'albergo. Ci sono lettini e ombrelloni, un po di venticello, ci sistemiamo ma arriva un gruppo di turcomanni grassocci e rumorosi e ci grassocci e rumorosi e ci passa la voglia. Io scrivo il blog, Domenico lavora o dorme. Invece di prendere la macchina, ci avviamo lungo il canale, con giostre e parchetti. Sulla strada principale edifici nuovi bianchi ospitano di sicuro i matrimoni e appena ci affacciamo siamo invitati a sederci. Osserviamo solo la scena. In fondo alla sala piena di tavoli bianchi ci sono i due sposi, lei con il fazzoletto davanti alla bocca. Su un angolo donna con microfono e fotografo, nei tavolini donne e bambini da una parte e uomini dall'altra. Le donne tutte in costume tradizionale e le vecchie con 1000 denti d'oro. Sul tavolo cibo in gran quantità, salato e dolce insieme. 
Non accettiamo l' invito a cenare e vediamo in un angolo della strada principale un gran forno e barbecue. Saliamo al piano di sopra con delle inquietanti poltrone rosse che fanno da separazione per i tavoli da 8 e completamente alla cieca ordiniamo la cena, che risulta una zuppa, un kebab, un polletto senza petto e uno stufato di bue con cipolle e pomodori. Vengono vendute anche bevande alcoliche e ci prendiamo una birra locale. Sulla via del ritorno ripassiamo al matrimonio. Sui tavoli ora c'e grappa e birra e gli uomini insistono che domenico beva. Riusciamo a convincerli che rimaniamo solo per vedere lo spettacolo, ballerini locali con danze locali seguiti da tre ragazzotti locali che  ballano il break dance. Tante foto e poi riusciamo a liberarci. Abbiamo troppi soldi locali prelevati in banca e il cambio e estremamente sfavorevole, l'albergo non vuole prenderli e pretende dollari. Affrontiamo il problema la mattina alle 7 dove per accettare il pagamento in soldi locali, ci chiedono un cambio impossibile. Domenico protesta veementemente fa un giro nel bazar per vedere se si cambia meglio, poi convinciamo l'uomo ad accettare il cambio (sempre molto a nostro sfavore) e partiamo. lasciamo la città ed entriamo nel deserto, lunga una strada non tanto male, all'inizio ci sono cammelli poi più nessuno, deserto con dune di sabbia e vegetazione rada.  Due tre controlli di polizia, con grandi strette di mano. Arrivati a Turkemabad, seconda città del paese, facciamo benzina, laviamo la macchina e cerchiamo nel bazar (sempre di costituzione sovietica) ma con gran movimento di cambiare i soldi. Riusciamo nel nostro intento, attraversiamo il fiume Oxos su un ponte di barche ( molto costoso) e ci perdiamo nella campagna. La mia idea di fotografare tutti i cartelli con le indicazioni dei paesi verso cui stiamo andando è svanita, qui nessuna indicazione. Arriviamo alle 13.05 ad un cancello, ma i militari ci dicono che sono a mangiare e di aspettare le 14.00. Ci mettiamo sotto un albero e io scrivo mentre Domenico si riposa. Alle 14 ci aprono il cancello, arriviamo in una dogana con aria condizionata, ma sono andati a mangiare e ci dicono di aspettare le 15.00. Lentamente iniziano le operazioni, questa volta siamo soli, ci sono camion in file separate e 4 poveretti che sono a piedi e dietro di noi. Controllo veterinario, disinfezione della macchina( pozza sporca),  formulari, timbri, controllo delle medicine una ad uno, controllo delle foto sul telefonino, bagagli, motore e la lotta contro il computer per inserire i dati della macchina. Uscita dalla dogana senza forze ( ma per fortuna senza pipi) alle 17.00. E non so se può dire ancora inscialla! Penso a mio figlio matteo e se avrà pazienza e nervi saldi nel fare questo da solo. Penso anche al compleanno di mio padre e spero nell' internet stasera. Ma ne valeva la pena veramente!

Samstag, 30. Juli 2016

Merv, Turkmenistan


Per visitare Merv abbiamo deciso di prendere una guida, la usiamo per andare prima dal gommista e poi cambiare soldi all'aeroporto. Qui tutti vogliono dollari. Mentre Domenico cambia io sono di nuovo alle prese con una sposa in abito tradizionale, con tanto di gioielli d'argento che va in aereo a sposarsi  nella capitale. Per fare le foto vengo anche pagata!
Le rovine sono sparse su un'area agricola e consistono in muraglie di fango che delimitano perimetri immensi, che contenevano vecchissime città, abbandonate per via dell'acqua o per le distruzioni dei mongoli. Molto suggestivo, molta immaginazione. Nell'area restaurata arrivano famiglie locali, per i quali tutto e occasione di festa e di buona fortuna, passiamo nella zona completamente nuova ( ma almeno in stile antico) che oltre alla tomba di un sufita famoso, ospita il luogo dove la gente porta pecore e capre da sacrificare, per poi lasciarsele cucinare e mangiare (donne e bambini da una parte, uomini dall'altra). Molte foto, Domenico mangia con le mani il piatto locale, riso, carote e pecora stufata. Facciamo anche noi una sosta con la guida in uno di questi caffe, invece di andare in una stanza separata con aria condizionata, rimaniamo nel cortile pieno di moschini e mangiamo il piatto locale, costituito da pezzi di pane cotti nel brodo di pecora e pezzi di carne. Gustoso.
L'Islam qui si vede solo nella mancanza di alcool, altrimenti niente velo. Le somiglianze sono con i turchi e l'impronta sovietica si vede dalle vecchie strutture tipo i bazar. Visitiamo il museo che oltre ad una sezione sul culto della personalita del,presidente ha una vasta sezione sui reperti archeologici e la vita tradizionale e il bazar, pieno di egozi per i matrimoni (vestiti, parrucchieri, ..)

Diciottesima tappa - Mary, Turkmenistan


L'uscita da Mashad e tranquilla, facciamo benzina e ci avviamo sulla strada verso la frontiera con il Turkmenistan, lungo la steppa gialla e poi attraversando nuove montagne colorate. Dal passetto si vede la pianura sconfinata, davanti a noi si apre un'area brulla e scompaiono paesi e macchine. Facciamo una pausa in un caravanserraglio sperduto nella steppa e restaurato, tutto recintato. Dal nulla spunta una signora, ci apre il cancello e siamo soli in questo luogo che 1000 anni fa ospitava le carovane. Spendiamo in nostri ultimi soldi in acqua ( un camionista ci offre la banzina) e affrontiamo la frontiera alle 13 iraniane. Siamo soli, in mezzo a camionisti di tutte le nazionalità, sono tutti molto gentili, ma il processo e lungo. Accanto a me nel salone passeggeri alcune donne turcomanne, nei vivaci costumi locali. Superato l'Iran passiamo nelle mani di giovani turcomanni, che parlano russo ma niente inglese. Molti formulari, molti sportelli, un lungo controllo della macchina e dopo 3 ore passiamo in Turkmenistan. Ci stiamo spostando verso est e quindi l'orologio viene spostato in avanti. La strada e unica senza indicazioni e piena di buche. I camion sono lenti, ma si sorpassano facilmente, il traffico locale e di macchine nuove e veloci che saltano su queste buche che sono veramente micidiali. Domenico non si accorge di uno stop e veniamo fermati dalla polizia locale che si accontenta di 20 dollari di multa.. Abbiamo una serie di controlli, registrano a mano e lenti tutti i dati della macchina e poi ci lasciano andare. Verso Mary, la strada si raddoppia, l'asfalto migliora e arriviamo ancora con la luce in una città pazzesca, fuori dalle nostre aspettative. Il presidente in carica, come il suo predecessore eletto con il 97% dei voti e su tutti i manifesti e statue dorate, gli edifici compreso il nostro albergo (finito l'anno scorso e di cui siamo gli unici ospiti) son nuovi di zecca, bianchi e colonnati e si illuminano con luci colorate di sera). Per la strada che e un vialone a 6 corsie passeggiano le donne tutte nel costume locale, vestito lungo, molto stretto con ricami al collo e gran foulard sospeso e colorato per le donne sposate. Non troviamo locali o bar e le distanze sono e ormi, prendiamo la macchina e sul nostro google arriviamo in un ristorante. Qui i ristoranti hanno stanzette separate e chiuse da porte o tende, noi chiediamo di mangiare nell'area comune ma siamo i soli. Il menu ha qualche foto, ci facciamo aiutare e ordiniamo l'insalata locale (pomodori e cetrioli), kebab e una specie di piadina riempita di carne e ahime coperta di ketchup. Il proprietario arriva, parla inglese, è fiero del suo ristorante turco dove il servizio non e sovietico...in albergo funziona internet, ma non whatsup e facebook. Mi rileggo le vicende di fede, vengo a conoscenza dei ladri a roma da mio padre.
La sera il rientro in albergo e ostacolato dalle spose: qui si sposano in bianco (o in costume tradizionale) con macchine anche tutte addobate e fanno rally per i vialoni cittadini, poi si piazzano difronte al nostro albergo per le foto in posa, con o senza marito e damigelle. Molto divertente, noi siamo coinvolti mentre la polizia passa in continuazione per evitare ingorghi stradali.

Mashad, Iran


Il tentativo di entrare nella moschea di sera è risultato complicato, erano le 6 del pomeriggio del giovedi e la preghiera durava molto di più per via di un giono festivo e quindi un lungo weekend. Domenico passa inosservato ed entra, io invece mi metto in fila in mezzo a 50 donne di tutte le età, che spingevano come pazze, ma non passo il controllo e mi rimandano dalle guardie all'entrata. Dopo un po' mi passano al telefono qualcuno che parla inglese e che mi spiega che non e possibile per via della folla di entrare. Non desisto e lo prego di fare un'eccezione, e dopo una lunga trattativa il povero interprete mi viene a prendere. Di nuovo controllo, spinte e attesa, qualche scetticismo sui miei piedi scalzi (sciarpa e chador erano perfetti) e poi mi ricongiungo ai due uomini. Il ragazzo, un ingegnere civile che lavora come interprete ci accompagna nei vasti cortili dove si ammassa la gente all'esterno della moschea per la preghiera. In una corte ci sono solo arabi, vestiti in bianco, in ogni cortile ci sono diversi mullah riportati anche in grandi videoschermi e tutti tappeti, pieni di gente, separati tra uomini e donne. La luce della sera cala, il ragazzo ci deve riaccompagnare all'uscita. Molto interessante. Facendo due passi sulla strada principale, ci cade lo sguardo su un quadro di tappeto con il wetterhorn, la montagna di Grindelwald. L'uomo chiede una cifra esagerata, non e disposto a trattare e dopo ampie consultazioni non possiamo lasciar perdere un'occasione unica. Andiamo a cena in una tradizionale tea house, con i tavoli ricoperti di tappeti e si mangia seduti sui cuscini. Dopo cena ripassiamo dalla moschea e la gente sta uscendo, io torno in albergo e Domenico si intrufola di nuovo e torna molto commosso da tanta gente (piu di uno stadio) e dalla partecipazione. In albergo le orde di pellegrine in nere, sono molto vivaci e chiassose e provano in tutti i modi a dire hello.
Riesco a parlare con Tommaso a Roma felice e contento. Anche questa parte e finita bene
La mattina alle 7 ho più successo e convinco la guardia a farmi passare e ci godiamo i dettagli dei diversi cortili, già con tanta gente. Non e tanto il monumento di per se, quanto l'atmosfera molto mistica e allo stesso tempo chiassosa e familiare.




Freitag, 29. Juli 2016

Diciassettesima tappa - Mashad, Iran

La tappa era una delle più lunghe, come chilometri abbiamo già fatto più della metà dei chilometri previsti. Ci siamo svegliati presto, ma lo stesso la partenza è lenta perche si trattengono i passaporti e non sii può pagare in anticipo. Ci mettiamo in moto ma con noi anche tante macchine di turisti locali, nelle macchine ci sono sempre 5-6 persone anche se la dimensione è quella di una vecchia 1100 (sepa renault). Si fermano sui bordi della strada e fanno grandi picnic su un tappeto. La prima meta turistica e il bazar della cittadina di Gonder, dove parcheggiamo in pieno bazar, vivace di frutta,carne, noccioline, formai, pasticceri. Ci prendiamo anche il tipico gelato di colazione: spaghettini di riso gelati, con gelato allo zafferano e pistacchi e aggiunta di succo di limone. Poi proseguiamo nella deviazione turistica che consiste in una tomba del 1000 d.C. alta 55 metri e che anche i mongoli hanno lasciato in piedi. La zona è abitata da turchmeni, si vestono diverso, con fazzoletti e vestiti colorati. Facciamo due passi, proviamo a comprare i foulard ( sono sintetici e i negozi hanno nomi italiani), ma poi lasciamo perdere.Finora niente acquisti di seta! Attraversiamo il parco naturale del Golestan, con una fitta foresta di alberi tipo querce, non troppo alti, ma folti. Lungo la strada in salita molte macchine e molti picnic. Arriviamo in cima al passo e capiamo perchè era chiamato il "paradiso", davanti a noi si apre una ampissima steppa gialla, con ai lati 2 catene di montagne, colorate anch'esse di giallo. La strada e ad una o due corsie , i chilometri sono tanti e l'arrivo a Mashad, seconda città dell'Iran con5 milioni di abitanti e lento. Il nostro albergo e vicinissimo alla tomba dell'ottavo Imam, l'unico posto sacro dei musulmani in Iran e meta dei pellegrini. Ci dobbiamo far indicare da un taxi l'entrata dentro il bazar e decidiamo di mangiare di nuovo in albergo. Non ci aspettavamo di trovare al nono piano oltre ad una vista meravigliosa sull'area e sulle moschee, anche 2000 pellegrini, lanciati sul buffet. Esperienza interessante. Proviamo ad entrare nel complesso pieno di luci, ma la mia sciarpa non e sufficiente. La mattina, colazione allo stesso modo, a noi ci mettono in tavolini un  po' separati. La guardia all'esterno mi fornisce uno chador bianco colorato, passo il controllo con le donne che mi sistemano sciarpa e chador, ma veniamo fermati perchè i turisti devono essere accompagnati. Arriva un signore che parla italiano e ci guida nei diversi cortili, musei e biblioteca, raccontandoci un po della storia (poco) e fieromdell'Iran. Qui sono tutti contro l'Arabia che supporta i fanatici e dicono che l'islamismo e molto aperto e tollerante ( a parte lo chador, che mi cade da tutte le parti. Vediamo un filmino sul complesso,dietro ad una fila di giovani in nero, che si rilevano italiane che stanno studiando farsi a Venezia e sono qui per 40 giorni. L'uscita dal complesso e proprio davanti al bazar dei tappeti, che però sta chiudendo. Io propongo di cambiare genere e comprare un tappeto nuovo, di seta e con motivi floreali. Ce ne sono di bellissimi, ci concentriamo su uno e Domenico parte la trattativa, ma non cedono di un dollaro. Anche la finta non funziona, ma completiamo l'acquisto. Sciarpe 0, tappeti 3! Nel bazar il tipico frullato di noci,pistacchi, mandorle, gelato e pezzi di banana (sempre frutta no?), bevande con semini e poi un bazar locale con negozi di sciarpe locali, gioielli di argento,zafferano e souvenir per i pellegrini. Acquisto di zafferano in gran quantità e per un notevole prezzo, ma questa e la regione!
Ora proviamo ad entrare da soli nella moschea e domani partenza per il Turkmenistan. Il nostro spotter funziona, vediamo internet.
Salute ottima, stomaco a posto, ottimo umore e ancora voglia di viaggiare.

Sedicesima tappa - Tehran, Siri


La mattina ci muoviamo presto da Qazvin per arrivare alle 10 a Tehran, dove Domenico aveva un appuntamento di lavoro. I chilometri non sono tanti, ma il traffico in entrata e bestiale, 30 km prima della città si sta gia in colonna, dove per 3 corsie ci sono 6 colonne e tutti si muovono costantemente da una parte all'altra. Lo stile di guida è particolare, nessuno si ferma e tutti attraversano e si spostano di corsia con la legge del più forte, piú veloce e senza tener conto di  prEcedenze o pedoni. Praticamente le strade non hanno incroci e qui di si usano conversioni di marcia, più o meno organizzate. Io preferisco guidare che indicare la strada, il telefono diventa bollente, ma arriviamo in tempo. Mi sistemano in una stanza con internet, faccio un po di email,scarico anche io l'applicazione magica, che ci porta quasi sempre al posto giusto, mangiamo uno spiedino offerto dall'amico di domenico e alle 14.15 puntuali siamo in marcia. Ci hanno consigliato di fermarci prima del potenziale punto previsto, per via del traffico. Ci avviamo sotto un notevole caldo, ma decidiamo di fare una strada più lunga, che attraversa la montagna. All'inizio ci sono tutti punti di ristoro e camioncini che vendono frutta, che cambia a seconda della regione ma che è spettacolare. Poi lasciamo la strada maestra e saliamo verso il vulcano innevato Damavand, la montagna più alta del medioriente. La strada e chiusa, un militare giovane non ci vuol far passare, domenico insiste, arriva un ragazzo che parla un ottimo inglese e riusciamo a passare, per avere una migliore vista anche su un lago artificiale. Lungo le pendici ci sono molte arnie e nelle tende ci sono gli apicoltori, qui il miele e molto usato e si trova nei negozi, anche con i pezzi di alveare. Ottima temperatura e aria, bellissimo. Passiamo il campo base degli scalatori e poi rientriamo nella strada principale,trafficatissima che scende lungo una valle a tratti quasi un canyon,  molto lungo e stretto con bellissime rocce colorate, che però sembrano molto poco stabili. Ci sono camion e quando arriviamo in prossimità del Mar Caspio arriva prima la nuvola e poi la pioggia!!! Aumenta il pericolo stradale, anche perché sono tutti in vacanza e fa impressione vedere in vendita salvagenti... Qui in realta vendono di tutto ma a tratti, in un punto pentole, poi tende da campeggio, poi frutta. Attraversiamo una fila di paesi che verso sera profumano di grill, pieni di gente che attraversa l'autostrada, camioncini di frutta...e con il buio arriviamo in albergo nel mezzo di nulla. Ci mettiamo al tavolo e oltre al buffet c' è una scelta di piatti. Accanto a noi un vasto gruppo familiare, circa una 30 di persone, con gli uomini vecchi e giovani seduti da una parte, le donne con i bambini dall'altra. Le donne sono con vestiti diversi chi in nero,chi piú colorata, i bambini giocano con i telefoni e si riempiono tutti i piatti dal buffet, anche le nonne ma sono silenziosi. Ci guardano e mi avvicino per chiedere se parlano inglese e subito. Molto fieri ci raccontano che sono invitati a cena da una della famiglia che viene da Tehran, che alcuni hanno vissuto in America, che l'anziana ha visitato Roma prima della rivoluzione.

Quindicesima tappa - Valle degli assassini, Iran

Nonostante  una partenza veloce, ci troviamo ad affrontare il problema della benzina. I benzinai hanno solo benzina e non diesel e ci rimandano ad altri benzinai, finche arrivati in autostrada facciamo diesel con i Tir. 10 euro per un pieno e la macchina va...
Saliamo per una strada piccola ma asfaltata e con alcune buche e molte curve e tornanti la prima serie di montagne dell'Alboraz, per poi ridiscendere a picco su una valle laterale verdissima, coltivata a terrazze per il riso. Il contrasto tra le montagne brulle e colorate, i campi gialli e la valle verde e impressionante e affascinante. La valle detta degli assassini era stata abitata dagli ismailiti, qui di non si vedono moschee e i villaggi sono in parte ancora di fango. Si visitano due castelli, raggiungibili con degli scalini appesi, molto rovinate ma suggestivi per la posizione e la vista. In un paese vengono coltivate le ciliegie e acquistiamo per un prezzo europeo 3 franchi un chilo di ciliege enormi e buonissime. E famosa anche l'uva senza semi, piccola e saporitissima. Ci  lasciamo tentare e sostituiamo pranzo e cocacola con alimenti naturali per non incorrere nelle sgridate a distanza di Rosaria. Incontriamo anche i primi turisti, due ragazzi olandesi e una coppia di francesi. Sulle rovine un vecchio iraniano ci racconta della valle 40 anni fa. Attraversiamo in macchina un serie di canyon su strade laterali, tutti colorati e di forma diversa. Molto soddisfatti e con la musica di Battisti e dei Genesis risaliamo la montagna (in lontananza si vedono cime innevate) per ripiombare nella pianura sconfinata di Qazvim. La città non ha piu segreti per noi, ma il traffico e complicato e i taxi si destreggiano per riportarci in centro. Il palazzo none visitabile, ma sulla piazza c' e un gran movimento di gente, e tutti ci guardano e dicono hello. Visto da fuori tutte le donne in nero fanno impressione, ma dopo alcuni momenti ci si abitua e non ci si da caso. Loro invece sono molto curiosi e i bimbi ci indicano alle mamme. Le macchine sono vecchie, ma se ne vedono anche di nuove religiosamente bianche. Ogni macchina è un potenziale taxi, io sono scettica, ma funziona così. Ci fermiamo nella piazza a fare la fila per un succo, il più in voga e un succo con una banana, dattero e noce, gelato di vaniglia e frullato di banana! Sembra appetitosissimo, ma non vogliamo rovinarci la cena nello stesso ristorante; oltre ad un ottimo kebab, ci prendiamo un cosciotto di agnello tenerissimo. Qui non servono coltelli, ci si aspetta che sia tutto tenero o a pezzi e quindi non ce ne è  bisogno.

Quattordicesima tappa -Qazvim, Iran

Cena interessante, anche se fare l'ordine con un menu solo in iraniano e senza foto non e semplice, mangiato una specie di sartu di riso farcito con il pollo e un cosciotto di agnello. Risulta che andiamo al ristorante alle 8 mentre la gente qui arriva verso le 9-9.30. In Iran si paga solo in contanti e 100000 rial sono 3 euro, una buona cena costa circa 10- 15 euro a testa o un milione di rial in due. Dopo cena ci siamo fermati nell'albergo dove nel giardino e finalmente arrivato un po di vento. Partenza fresca alle 7.40 uscita facile dalla città, qualche nuvola all' orizzonte. L'autostrada per Tehran è a 3 corsie, poco traffico e molti caselli per il pagamento di cifre irrisorie. La strada scende  lungo una valle bellissima, con rocce coloratissime, piccoli villaggi di fango, e sui lati delle strade bancarelle di frutta prima albicocche e poi cocomeri e meloni. Arrivati nella pianura la temperatura si rialza ma alle 12.30 arriviamo dopo 460 km a Qazvin. Abbiamo scelto la strategia di avere alberghi con parcheggio, non proprio in centro, ma di muoverci con taxi. L'albergo ci lascia senza parole, oltre agli stucchi bianchi all'esterno, ad un'illuminazione da vittoriale, ci sono scaloni e saloni di alabastro, il bagno ha un soffitto a fiori... Presentarsi al bazar alle 13 non e proprio una buona idea, qui si usa la siesta per i monumenti. Il bazar e stato in parte ricostruito ed e occupato da negozi, ci spostiamo nella parte vitale, con ampi corridori pieni di frutta fresca e secca, molta uva, ciliegie, pesche, meloni..... Mischiati a utensili per cucina, vestiti, elettrodomestici. Tutto pulitissimo e vivace. I macellai che vendono solo grasso di pecora, o solo teste o piedi, si trovano nelle parti esterne con i pescivendoli e i fornai. Succo di carota e poi di nuovo al lavoro, ma il caldo ci fiacca e ci fermiamo in un baretto con aria condizionata molto trendy ( siamo soli) e ci concediamo una pausa con un sorbetto alla menta e cetriolo. Pur di non camminare oltre sotto la calura affronto il gioco delle carte, ma dopo una partita il ragazzo ci informa che e proibito giocare a carte in Iran. Leggiamo un po e poi ci rimettiamo in moto. Incontriamo un gruppo di signore, che attaccano bottone e mi spingono ad entrare oltre una porta chiusa e a visitare le stalle del caravanserraglio restaurate e piene di colonne. Veniamo accerchiate da altre signore che ci raccontano di essere insegnanti di liceo in pensione e ci raccontano della scuola separata tra uomini e donne, che le ragazze son piu brave e che le insegnanti donne non possono insegnare agli uomini. La traduttrice e una professoressa di inglese, che non lo ha mai praticamente usato, le altre la tempestano di domande. Questa volta ci concentriamo sui gioielli in particolare su sigilli di corniola, ma dobbiamo fare una puntata per cambiare i soldi. Qui sono tutti molto gentili a dare spiegazioni, ma tra il mancato inglese e le false stime dei metri, finiamo a fare chilometri.... Finito l'acquisto insisto per vedere i tappeti di Qazvin, ma i venditori molto onesti con quintali di tappeti ci dicono che non ci sono tappeti della regione. Non ci resta che concludere la visita turistica con una villa ottomana e una moschea, prima di entrare in un ristorante molto chic e ordinare metà del menu, in inglese e con foto. Tutto buonissimo accompagnato da litri di mojto non alcolico.



Dodicesima tappa - Tabriz, Iran

Dodicesima tappa - Tabriz, Iran
Alle 7 di mattina lasciamo Van e Giulia e attraversiamo la città deserta con meta finale Iran. La strada corre all'inizio lungo il lago Van, tranquillo e vasto, poi non più autostrada si arrampica sulle montagne e attraversiamo colate di lava, greggi di pecore e piccoli villaggi. Dopo 2 o 3 passi, ci appare difronte il monte Ararat, veramente bellissimo, isolato e pieno di neve molto più alto delle altre montagne. Il resto del paesaggio e giallo e brullo, la roccia è scura e lui si staglia verso l'alto. Possiamo capire come abbia avuto un' importanza biblica. La valle del confine è piatta e visitiamo il palazzo di Ishan Pasha a Dogubeyazit, che controllava tutto l'accesso in Turchia. Fatto controllo dell'olio e delle gomme, salutiamo la Turchia. Prima del confine ci sono file lunghissime di TIR, noi le sorpassiamo e arriviamo in un volo alla dogana turca, che richiede cinque minuti e poi passiamo a quella dell' Iran. Tutti molto gentili, pochi controlli, molta burocrazia per capire dove passare e cosa fare con la macchina, cambio dei soldi e poi via sotto 40 gradi verso il nuovo paese. Pochissimo inglese in giro, strade più polverose e senza segnalazioni, macchine più vecchie e guida spericolata. Il paesaggio è affascinante, un canyon stretto con dietro l'Ararat, poi si arriva in una piana brulla gialla e sconfinata, con piu di 40 gradi. Lungo la strada appena si costeggia un fosso, si vedono le famigliole (venerdì) che fanno picnic e grigliate. La strada e molto trafficata e io come navigatore nonostante una precisa app sono decisamente scarsa. Arriviamo in albergo, tempo di rilassarci due minuti e poi decidiamo di andare a mangiare in un ristorante tradizionale dalle parti del basar. Già capirsi con il taxi e chiedere istruzioni presenta qualche difficoltà, ma ci fiondiamo sui succhi di frutta e osserviamo la gente che e a passeggio. Tutti con il velo ma molte all'iraniana, con capelli biondi tinti e nasi rifatti. Tabriz e la capitale della provincia degli azeri e quindi diversa dalle altre, noi non vediamo grandi differenze con i turchi. Cena sui cuscini e il classico dizi ( stufato di montone con patate, ceci, pomodoro che viene separato dal brodo davanti a noi e pestato fino a renderlo una poltiglia da mangiare con il pane/pizza locale che viene anche messo nel brodo, mangiato a parte) Da bere uno yogurt frizzante,  niente alcool e birre.  Ora siamo 2.30 in avanti sull'orario italiano. In hotel dove sembriamo gli unici turisti, c' e un ottimo internet, ma non facebook e il blog.
Dopo una notte riposatissimi, con una lauta colazione locale, comprese una panna burrosa e una pietanza forse di fichi e sesamo, partiamo alla scoperta del bazar, patrimonio dell' Unesco e molto vasto e caratteristico, composto di più di 18 caravanserragli separati e viuzze strette, colme di negozietti. Frutta secca, gioiellieri e naturalmente tappeti, in ogni angolo e con ogni stile e dimensione. Mentre discutevamo dello stile che mi piace, siamo avvicinati da un tizio che parla inglese e che ci porta nel negozio, piccolo e nascosto e ci mostra piu di 40 tappeti vecchi. Cominciamo quindi la prima selezione, poi la seconda, la terza e la quarta, concentrandoci sui tappeti della zona, un tabriz e un tappeto curdo. La trattativa avviene a tre, ma domenico a gesti concludiamo l'affare. Ora possiamo dedicarci alla visita turistica,  con il museo degli azeri e la visita alla moschea blu, decorata da mattonelle blu cobalto, visibili ancora in alcune parti interne ed esterne. Missione compiuta ora si può tornare in stanza a riposare e scrivere.

Donnerstag, 21. Juli 2016

Undicesima tappa - Van, Turchia

La città di Erzurum alle 8 è ancora spenta ed è uno strano misto di costruzioni molte diroccate. Visitiamo una moschea adibita a museo, lo stile dei minareti e l'altezza delle moschee  è cambiato notevolmente, influenzato dallo stile iraniano. Visitiamo le moschee e le tombe, poi siamo accompagnati a visitare da un tizio locale con indicazioni in inglese fonetico, una casa ottomana, con la vecchia struttura, porte e arredamenti. Troviamo una giovane famigliola, che aiuta nella traduzione e scambiamo due parole. Si vedono più donne in nero e con solo gli occhi scoperti. Ci fermiamo in un' antica casa, adibita a ristorante e caffè, che raccoglie tutta una serie di oggetti vecchi, tra cui vecchie ciaspole. Con una buona scorta di ciliege e uva ci avviamo versi le montagne su strade minori ( sulla carta).

Decima tappa - Erzurum 2

La tappa era lunga, saliva e scendeva montagne e attraversava pianure larghe. Pian piano la vegetazione diventa più brulla e gialla. Sull'autostrada vediamo alcuni incidenti stradali, ma arriviamo al buio in questa città, famosa come stazione sciistica (sulla montagna si vede qualche traccia di neve, ma risulta difficile con 38 gradi immaginarsi gli sciatori... Un po stanchi, non ci allontaniamo troppo dall'albergo per provare la specialità locale, un doner cotto alla brace orizzontale e da cui ve gono tagliati spiedi allyou can eat. Siamo gli unici turisti nella città, forse da mesi, i menu sono rigorosamente in turco, ma siamo circondati da camerieri gentilissimi e fa un po impressione vedere tavolate di giovani turchi che bevono cocacola mangiando spiedini, con yogurt, insalata di pomodori, cipolle e una salsina rossa piccante. Il te e la baklava vengono servite di default e messe sul tavolo sin dall'inizio.

Mittwoch, 20. Juli 2016

Decima tappa- Erzurum 1

La città di Amasya e piena di turisti locali e souvenir di poco valore, dopo la visita alle tombe nelle rocce, raggiungibili con una scalinata ci rimettiamo in moto, con una notevole distanza da percorrere. Nonostante tutto ci fermiamo a Tokap, ahime non per lo spiedo, ma per un bagno turco, compreso massaggio al caffè, nel bagno turco nel centro della piazza. Io e Giulia entriamo in questo posto e con l'aiuto iniziale di una cliente ci concediamo questo,lusso per un'ora accorciando il rituale, senza perdere un minuto e un rituale. Allunghiamo la strada per  visitare il centro di un'altra città, segnalata dalla guida, con 3 moschee di stile iraniano, che servono ora più da bar e negozi di cianfrusaglie , pieni di gente che luoghi di culto. La strada risale sulle montagne con laghetti verdi cristallini, attraversa la faglia dell'Anatolia, diventa autostrada e viene costeggiata in molti punti da un gasdotto in costruzione

Nona tappa - Hattusa, Amasya


Abbandonato il turismo di massa e le autostrade, attraversiamo l'altopiano coltivato, in fase di raccolta. I nostri compagni di strada sono trattori e vecchie macchine con signori con la coppoletta nera. Nel cielo ci sono delle nuvole e risaliamo di quota, con una temperatura fresca e ideale per visitare il sito archeologico degli ittiti, che occupa tutta la collina e i cui pezzi archeologici più importanti, comprese le porte, si trovano nel museo di Ankara, mentre in quello locale sono rimasti solo pochi pezzi. Ci vuole molta immaginazione ma il fascino è grande. Adiacente in un altro sito le tombe sono fiancheggiate da altorilievi. Siamo soli e dopo un cocomero mangiato sulle rovine, ripartiamo alla volta di Amasya. Riprendiamo le autostrade e saliamo ancora verso la montagna, per arrivare in questa città, patria di Strabone, ma famosa per le tombe dei re pontici e dalle casette ottomane lungo il fiume. Rapida visita e comune decisione di far tornare il sorriso a Giulia andando a mangiare alle 19 in un ristorante fuori città in alto e con vista la specialità locale, Tokap kebab, spiedino di agnello e melanzane, cotto in verticale. Eravamo gli unici stranieri, il posto era popolare ma relativamente costoso, con tanti gruppi familiari, di giovanni donne, famiglie e fidanzati. Menu rigorosamente in turco, ma tutti gentili e tra tedesco e inglese e copia da altri ospiti abbiamo avuto una magnifica cena. Le donne portano velo, impermeabile, ma anche molte senza nulla. Difronte al nostro albergo in una delle case ottomane sul fiume, nella piazza di nuovo una manifestazione, tutti gli edifici e le macchine hanno bandiere turche e davanti a grandi schermi da cui veniva registrata una manifestazione in un'altra città si raggruppano folle con bambini, vecchi, vecchie e giovani. Lungo il fiume la strada era bloccata e tutti passeggiavano, mangiando gelati, pannocchie e/o un bicchiere di chicchi di mais, condito a piacere. Dal nostro albergo si vede la situazione e ci addormentiamo con i canti (stonati) inneggianti alla Turchia. La gente in generale ci ferma e ci chiede da dove veniamo, prova a parlarci in uno stentato inglese, spesso tedesco. Ogni tanto incontriamo macchine di emigrati in vacanza, anche loro interessati a scambiare due frasi e ad aiutare. I messaggi dei nostri famigliari e le notizie ci fanno riflettere sulla situazione. In realtà non abbiamo visto esercito o polizia, mentre dappertutto, dai minareti alle case, macchine o anche per strada ci sono bandiere turche.

Ottava tappa - Cappadocia


La mattina alle 4 veniamo prelevati per fare il giro in mongolfiera. Con noi molti cinesi. Il pallone si alza insieme ad una quarantina di altri palloni, con la luce, solo quando siamo in alto si vede l'alba. Il nostro pilota e molto scherzoso, risponde alle domande aviatorie di Domenico e sale e scende lungo le valli. Bellissimo. Soddisfatti del nostro giro ma con un programma intenso di visite turistiche, ci dirigiamo nel museo a cielo aperto, costituito da una valle con chiesette nella roccia. La luce è abbagliante e ci trasciniamo un po, ma non desistiamo e risaliamo a piedi una valle, con un sentierino tra queste particolari formazioni geologiche. Giulia finalmente capisce il meccanismo di formazione.... Senza sosta ( perché esistono anche quelle?) E con 39 gradi andiamo sul castello, che domina la valle. Per distrarci dalla calura insopportabile, compriamo collane di pietre, che sulla carta sono destinate alle sorelle, ma che rimarrano gelosamente nel mio patrimonio (per questo domenico ne compra sempre due uguali). Giulia agogna una sosta per dormire, ma un'altra valle si apre intorno a noi. Nel mezzo della valle ci concediamo un succo di arancia da un tizio che vive isolato e si lamenta della mancanza di turisti, per poi ritirarci in albergo verso le 17. Tempo di leggere due email, telefonarci con tommaso in costarica e aggiornarci sulle news, siamo di nuovo in strada in cerca di una chiesa isolata, molto isolata... Contenti delle mete raggiunte ci mangiamo il kebab nel coccio, che viene rotto con una coltellata maestra.

Ottava tappa - cappadocia I

Ottava tappa- Cappadocia
La città dormiva alle 9.00 di mattina quando dopo una lauta colazione turca (salata e dolce) ci siamo mossi in direzione Cappadocia. La strada  è ottima, attraversa l'altopiano anatolico, pieno di coltivazioni e macchine al lavoro. Ogni tanto dalla strada si vedono 5-6 tende bianche con bambini, non sappiamo però se sono lavoratori stagionali, apicoltori o campi di siriani. Non ci sono case sparse, i villaggi sono grandi e con palazzine alte relativamente nuove. Arriviamo nell'area di Ihlara dove cominciano le prime attrazioni turistiche, costituite da chiesette cristiane costruite nella roccia lungo un canyon stretto. Ci sono alcuni turisti locali e sotto il sole cocente visitiamo le più belle e ci concediamo un borek lungo il fiume. Domenico è informatissimo su tutti i santi locali ed è una  corsa a cercare di riconoscere Demetrio, Giovanni ed Elena e Costantino. Procediamo stavolta con un comportamento da turisti e non da autisti e visitiamo una città sotterranea su 7 piani, abitata dai cristiani anche per 3 mesi in caso di necessità dal passaggio di popolazioni nemiche. Primi souvenirs e ayran ghiacciati. L'arrivo in Cappadocia è mozzafiato: si aprano davanti a noi tutte queste vallette piene di mademoiselle coiffee ( la geologa che c' è in me) o di funghetti di tutte le altezze e dimensioni. Arriviamo nel nostro albergo costruito in uno di questi e con stanze nella base del fungo, belli cotti per godersi il panorama e il tramonto. La sera mangiamo  una cena locale, in uno di questi edifici nelle formazioni geologiche, ora adibito a ristorante famigliare, seduti su grandi cuscini di tappeti e gustando il vino anatolico.

Sonntag, 17. Juli 2016

Riflessioni sul colpo di stato

Noi siamo stati passivi spettatori di quanto è accaduto e non testimoni oculari. Quanto riportato dai giornali, sia italiani che esteri, non rispecchia in pieno quello che noi abbiamo visto e i pochi commenti che abbiamo ricevuto. In generale sia prima che durante che dopo non sembrava esserci paura. Di sicuro il giorno dopo c'era voglia di festeggiare e di rispondere alla richiesta del presidente di dare un segnale, ma le manifestazioni piene di bambini e donne e vecchi avevano un carattere molto popolare e non violento. L'uso di internet permette a tutti di ricevere le informazione e di avere una piattaforma per esprimersi, ma l'interpretazione delle singole foto può essere fuorviante. I messaggi alla popolazione avvengono in Turchia anche per mezzo degli autoparlanti dei muezin, che hanno una copertura capillare del terrritorio. Ci siamo chiesti come nei nostri paesi questo possa essere realizzato. La manifestazione popolare pacifica del giorno dopo richiesta dal presidente di sicuro è contro un attacco militare.

Settima tappa - Konya

Sulla strada per Konya che attraversa la steppa secca e solo nell'ultima parte coltivata, pian piano ci rilassiamo e discutiamo tra di noi le diverse sensazioni provate. Arrivo a Konya indolore, visitiamo immediatamente la moschea con la tomba di Rumi, fondatore dei Sufi. Ci avvisano che in piazza ci sarà una manifestazione la sera e di non preoccuparci perché sarà una festa. Dappertutto sugli edifici, grattacieli, macchine, hotel ci sono bandiere rosse turche. Decidiamo di avviarci in tempo all'esibizione dei dervishi costeggiando un cimitero mentre macchine cariche sfrecciano piene di bambini, donne invelate, agitando bandiere e suonando il clacson. L'ampio auditorio di circa 3000 spettatori era chiaramente sovradimensionato. Qualche minuto prima delle sette arrivano gruppi locali, rimaniamo gli unici turisti in città. Le danze dervishe riflettono un rituale religioso. Da una parte l'orchestra e i cantanti, nel centro ci sono due figure in nero a dirigere il rituale con una ventina di dervishi. Il cerimoniale prevede l'entrata in scena molto lenta, quasi ipnotica. Ad ogni Inizio della danza che si svolge in modo circolare, ci sono inchini e cominciano i volteggi. Le pose della danza sono per tutti uguali e a scandite dalla musica, si nota però lo stile diverso dei danzatori, giovani, magri, grassi e battuti. Il tutto si svolge per circa un ora con un ciclo ripetitivo e meditativo, molto suggestivo. Ci dirigiamo in mezzo ad una folla di macchine molto rumorose e festive a mangiare. Siamo praticamente gli unici clienti, proviamo a parlare con il cameriere molto gentile su quello che è successo e sta succedendo, ma non sembra apprezzare il discorso. Dopo cena concediamo Giulia il sospirato narghile, su una viuzza pedonale in  un locale molto affollato da soli uomini, e servito da super efficienti addetti al controlli della pipa d'acqua, le braci, il tè, pistacchi e noccioline. Attraversiamo la folla passando dalla piazza principale, colma di gente tra cui bambini, donne invelate e sorridenti. L'atmosfera con lo sfondo di un maxi schermo da cui il presidente aveva dato il messaggio, sembrava quella paragonabile ad una vittoria di calcio. Il fatto che non bevono alcol ci ha tranquillizzato. Molto più sereni della notte precedente abbiamo fatto un lungo sonno.

Samstag, 16. Juli 2016

Sesta tappa -arrivo ad Ankara

L'arrivo ad Ankara è impegnativo, lungo e trafficato, molte strade culminano nel bazar e sono chiuse o usate come parcheggi. La tappa era obbligata e fa parte dello scopo della nostra traversata, ma l'esperienza sarà indimenticabile. L'albergo era una vecchia casa restaurata con 6 stanze dentro la fortezza, noi eravamo i soli turisti non solo dell'albergo ma di tutta la cittadella, pedonale e con alcune case utilizzate come albergo e altre diroccate. I negozi lungo le stradine principali stavano chiudendo, dando un aspetto alquanto solitario al quartiere. 

Ankara- colpo di stato 2

Decidiamo di non  inseguire un bar con il narghile nel centro vivace dei giovani moderni e ci guardiamo la vista a 180 gradi su questa città sconfinata e con edifici importanti, grattacieli e parchi giochi immensi, tutta illuminata dai riflessi del tramonto.dall'alto non si vedono molte moschee, siamo praticamente soli nella terrazza del ristorante con due musici che accompagnano la cena. Diventato buio, lasciamo Giulia in albergo e facciamo 50 metri in su permla fortezza con una terrazza aperta sulla città a 360 gradi. Sul sentierino noto che si sente il muezzin, anche se poco prima avevamo sentito quello del tramonto. Domenico mi fa notare  che stanno salendo 4 aerei da caccia, con un frastuono incredibile che sorvolano la città in modo circolare e molto bassi. Pensiamo a bombardamenti in Siria o manovre di esercitazione emi vengono i brividi al pensiero che la guerra possa essere cosi vicina e ala sensazione delle persone in Siria che sanno che arriveranno le bombe. Si aggiungono rumori di elicotteri e un'aereo staziona in alto come a dirigere le operazioni. Torniamo in albergo, facciamo un po di email, 2 chiacchiere tra noi e poi io e Giulia saliamo in stanza. Arriva domenico che ha aperto la repubblica e leggiamo cosa sta succedendo. In realta  non e tutto corretto, internet facebook continuano a funzionare e seguiamo con timore tutte le news. La tizia dell'albergo ci dice di stare sicuri, che non corriamo nessun pericolo chiude le porte e ci saluta. Comincia una lunga notte con jet che passano cosi vicini da far tremare i vetri e comunicazioni in turco circa ogni ora. Sentiamo di sicuro una bomba lontana, forse 2, spari. Domenico contatta i suoi amici per chiedere un parere, decidiamo di provare a dormire ( cosa che riesce solo a domenico) e di essere al sicuro o piuttosto di non avere nessuna valida alternativa. Avro fatto 2000 pipi, controllato ogni 10 minuti i telefoni, ascoltato ogni rumore e mi affacciavo alla finestra quasi contemporaneamente ad una signora turca con televisione accesa su una telenovela per il piu piccolo rumore, nelle pause tra il passaggio dei jet e i messaggi vocali. Ho fatto tutte le possibili ipotesi e scenari, lucida ma anche impaurita dalle possibili conseguenze. Unica certezza e che questo genere di eventi non e aspettabile o evitabile ( forse portiamo sfortuna, considerando che siamo stati in Siria 3 mesi prima dell'inizio della guerra). I raid diminuiscono di intensità, aspetto il muezzin cantante dell'alba, alle 5.30 i giornali confermano in modo chiaro che il colpo di stato non e riuscito, restiamo in camera fino alle 7.30, non riesco a dormire, anche se tutto e ormai silenzioso e domenico propone di aspettare prima di muoversi. La signora ci dice no problem, finito.... Il venditore dello shop difronte con poche parole rotte ci rassicura, dice che i turchi sono fatti cosi, gli amici di domenico spiegano che la situazione non e piu critica. Mandiamo messaggi a tutti perche non si preoccupino per noi, visitiamo da soli un museo incredibile, con tutti che si scusano e ci rassicurano. Manteniamo il nostro piano di proseguire verso Konya a 300 km di distanza, e pur evitando il centro, alle prime macchine bloccate e gente con armi faccia mo dietrofront ed usciamo sull'autostrada esterna piu lunga, deserta che ci porta al sud.

Donnerstag, 14. Juli 2016

Quinta tappa-Istanbul, Turchia

Per accontentare le minime richieste di Giulia di avere oltre al caffè anche una specie di colazione/pranzo (o comunque un qualsiasi tipo di cibo prima delle nove di sera), eccezionalmente ci siamo seduti al bar per un cafè un e ottimo yogurt (bulgaro) al pistacchio e un riso al latte. Soddisfatti abbiamo continuato la passeggiata della parte bassa con edifici colorati, mosaici sovietici, nuove costruzioni sulle rovine di un antico Odeon. Nella parte alta ci siamo concessi una visita al museo etnografico per rispondere ai quesiti architettonici di Giulia collocato in una vecchia casa di un ricco commerciante, nonché l'aquisto di vari borek per la bambina. Abbiamo deciso di fare una deviazione di circa 60 km per visitare il monastero  di Bachkovo (secondo monastero più importante dellaBulgaria), pieno di fedeli  e con bancarelle di oggetti locali. Non abbiamo ancora comprato souvenir!

Un commento: la bulgaria è relativamente facile da viaggiare, non economica, e soprattutto con una popolazione incapace di parlare inglese e poco gentile.

Alle 12, sotto un sole cuocente ci rimettiamo in macchina per attraversare la Tracia con meta Istanbul.

Quarta tappa-Plodvid,Bulgaria

Doveva essere una tappa di riposo per darci la possibilità di visitare la Bulgaria rurale, sulle orme dei Traci e dei monasteri ortodossi. Si è rivelato un itinerario molto più complesso e interessante.
Dopo una breve visita a Sofia ancora addormentata, ci siamo mossi verso Veliko Tarnovo abbandonando l'idea di aggiungere all'itinerario una deviazione di tre ore in montagna per visitare il primo monastero bulgaro. Il centro storico di Veliko Tarnovo è su una scarpata e ha casettine piccole che ospitano gli artigiani locali, meta di turismo locale. Il punto turistico di maggior interesse è la più grande fortezza della regione, che occupa un intera collina ed è stata ricostruita dai russi, che hanno aggiunto una chiesa con l'interno decorato con dipinti in stile sovietico. Abbiamo visitato anche il monastero a pochi chilometri di distanza, perso nelle stradine di montagna. Ripreso il nostro viaggio abbiamo fatto una sosta all museo etnografico, con la ricostruzione lungo un fiumetto delle varie attività e tiplogie di case tradizionali. Domenico è rimasto affascinato dall'utilizzo commerciale odierno del sistema di lavaggi tappeti, esaminando in dettaglio tutti i meccanismi di mulini d'acqua.
Sulla strada di nuovo stop ad uno dei monasteri di pellegrinaggio attivo, prima di salire la carena di montagne. La strada attraversava una bella foresta e dall'alto si puo ammirare la valle delle rose. Alla base della montagna c'era il monastero di Shipka, costruzione più recente da parte dei russi su stile San Basilio. A pochi chilometri in una collinetta in mezzo ai campi si trova la tomba dei re dei Traci Sete II, scoperta nel 2004 ancora intatto (gli oggetti d'oro son a Sofia).
Lungo la strada per Plovdiv, non contenti dei chilometri già pianificati, abbiamo fatto una deviazione per Hisarya, cittadinà nel mezzo di niente, costruita su un'antica città romana, i cui edifici sono integrati nel villaggio. Abbastanza sfatti e affamati, siamo giunti a Plovdiv, interessante e vivace città con un centro storico con case del 1700 e 1800 e rovine romane di una certa importanza. La parte alta della città ha un teatro romano e lungo le stradine acciottolate ci sono ville con uno stile del tutto peculiare (Bulgarian Revival), in parte restaurate. La parte bassa della città ha una strada pedonale costruita sopra uno stadio romano enorme, la cui entrata è inserita nel contesto urbano in modo audace.
La cena in un posto trendy (primo posto che abbiamo trovato) ha incluso non solo varie insalate rinfrescanti, ma tutte le specialità di carne locale (anche l'ossobuco) della cucina bulgara, accompagnate dai famosi vini della Tracia.

Mittwoch, 13. Juli 2016

Terza tapppa-Sofia

Terza tappa

Dopo l'attraversamento di una gola e 100km di strada normale, siamo arrivati al confine Serbia- Bulgaria. L'attraversamento della frontiera all'una, è stato più lungo e caldo del previsto. Ci ha dato però la possibilità di osservare diversi popoli (turchi, bulgari, serbi, macedoni, russi), le differenti macchine, le attitudini, il comportamento delle guardie di confine. 
Guidati da una attenta Giulia e una prodigiosa "app", da lei fornitaci, ci siamo immersi nell'atmosfera di una chiesina del 13esimo secolo (Boyana Church) con affreschi e riminiscenze bizantine. 
L' autostrada attraversa Sofia permettendo di vedere varii stili di edifici e ci porta al nostro appartamento centrale e con vista sul'opera. Ci siamo fiondati senza doccia, senza soste, alla chiesa Nevsky, con un imponente collezione di affreschi e icone provenienti da tutti i monasteri bulgari. 
Dopo una bella passeggiata nel centro storico con una commistione di stili e religioni (rovine romane, chiese ortodosse, sinagoga, moschea, monumento filosovietico, metropolitana, palazzi neoclassici), e lungo le vie pedonali piene di popolazione locale, artisti di strada e caffé, ci siamo recati in un ottimo ristorante, il cui menu comprendeva più di trenta pagine di specialità bulgare, con la descrizione delle ricette ed ingredienti.
Come resistere....
Accompagnati dal vino locale, e dall'immancabile rakya serale siamo rientrati belli stanchi e felici.

Dienstag, 12. Juli 2016

2 tappa Serbia-Belgrado

Paesaggio monotono tra Zagabria e Belgrado. Buona autostrada, poco traffico, alcune macchine dirette in Turchia, dogana veloce, molto caldo!
La città di Belgrado è molto interessante. Tanta gente per strada, piena di bar e negozi aperti fino a tardi, café e ristoranti. Sulla collina del Kalemegdan la bella vista sulla confluenza del Danubio con la Sava. Ottima cena piena di specialità serbe. La riva del fiume verrà presto costruita e su questo abbiamo a lungo discusso con Giulia. Partenza alle 9, direzione Sofia. Lungo il paesaggio si vedono monasteri, un pò più di tir.

Montag, 11. Juli 2016

Prima tappa

Con il consueto quarto d'ora accademico di ritardo siamo partiti con Giulia alla guida, che ci ha portato fino al confine con il Liechtenstein. Esame superato, la L si era staccata. Attraversata un'Austria bella calda, per raggiungere la nostra meta odierna abbiamo aggiunto 50 km di strada privata a pagamento sul Gross Glockner per salutare con una Sachertorte a 2500 metri il verde, le montagne e i ghiacciai. Attraversata senza traffico e senza pause la piccola Slovenia siamo arrivati belli accaldati in centro a Zagabria. Macchina in perfetto ordine, autisti capaci, caldo estivo. Tempo di una doccia, primi cevapcici, molta birra, molta acqua, il goulash non poteva mancare, come la pasta con la crema acida. La città era pienissima di gente, locali su locali, vista la partita e gioito per la vittoria del Portogallo, coinvolgendo anche Giulia e Domenico.
Stamattina visita a piedi della  città, molto carina, comprate le ciliegie e il primo borek e di nuovo in macchina. Prossima tappa  Belgrado, 400 chilometri di autostrada.

Premessa

Si, viaggiare!
Domenico ed io viaggiamo sempre molto volentieri. Quest'anno una serie di circostanze ci hanno portato alla programmazione di una traversata con la nostra vecchia Volkswagen Sharan lungo la via della seta, attraversando 13 paesi con destinazione Almaty, in Kazakstan. 
Giulia si è aggiunta alla prima parte del percorso, e starà con noi fino al confine tra la Turchia e l'Iran.
Matteo ci raggiunge a Dushambe, per fare con noi il confine con l'Afganistan e la Pamir Highway e risalire fino al Kazachstan, per poi vendere o regalare la macchina (ammesso e non concesso che ci sia ancora) dopo averla usata con due suoi amici nella regione per un altro mese.
Siamo ben preparati, la macchina è in buono stato, abbiamo i visti, i carnet di passaggio, traduzioni in russo, patenti internazionali, ruote di ricambio, acqua svizzera, soldi. L'unica cosa che manca, è l'aria condizionata.
Tra 35 giorni abbiamo un volo di ritorno che ci riporterà a casa, freschi e riposati, per ricominciare l'anno accademico.
Il programma prevede l'arrivo in Turchia il 14 luglio, Iran il 22 Luglio, Turkmenistan il 29, Uzbekistan il 31, Tajikistan il 4 Agosto, Kirgizistan il 9 Agosto, e Kazachstan il 14 Agosto. Circa 10'000 km. In questo caso è d'obbligo insh'Allah.

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