Dienstag, 16. August 2016

Almaty, Kazastan, fine del viaggio

Attraversiamo la città al tramonto che presenta un notevole contrasto: casine basse, edifici sovietici sia monumentali che palazzotti prefabbricati, molto malmessi, edifici nuovi neoclassici bianchi e grattacieli specchiati. 
La macchina è beige, noi siamo polverosi, ma felici di aver raggiunto l'albergo e di concederci un 4 stelle! Matteo e Domenico smontano tutto, anche le valigie sono polverose, le taniche d'acqua, le bottiglie, i souvenirs e presto la nostra stanza assume un altro aspetto.
Scegliamo il ristorante, stasera si festeggia con vino georgiano e spiedi. Il ristorante è sul fiume, il menu inglese è vasto, le cameriere non parlano inglese. Ordiniamo di tutto senza capire che il 4 che loro ripetevano si riferiva al numero di spiedi!  Come antipasto diversi tagli di carne di cavallo fredda e una porzione di green: basilico nero, prezzemolo, coriandolo, erba cipollina, cipollina cruda ma soprattutto l'aneto fresco che ha accompagnato la cucina di tutti gli "stan". Mentre mangiamo la macchina viene lasciata in un autolavaggio a mano, dopo 2 ore non è riconoscibile, sembra nuova!
La mattina niente sveglia obbligata, cominciamo a buttare, lavare (Matteo sfodera vestiti sporchi dell'India, che devono servire per un altro mese di viaggio!), rifare le valigie. La colazione in albergo anche se sontuosa ci sembra banale, i clienti sono indiani e la situazione molto fuori da quanto abbiamo vissuto finora.
Il ritorno alla società avviene separatamente, Domenico e Matteo si occupano dell'eventuale vendita della macchina tra un mese, io vado ad un beauty center ( non potevo presentarmi domani in ufficio e dalle amiche nello stato brado da viaggio). Convinco anche Matteo e Domenico ad usufruire di un taglio di capelli e poi alla scoperta in macchina della città, costruita solo alla fine dell' 1800 dai russi, quindi chiesa ortodossa, parchi e stradina pedonale paragonata all'Arbat moscovita. Prendiamo il secondo espresso della giornata, un doner, attraversiamo la piazza immensa con la residenza nuova del presidente, che si è lasciato anche immolare nella grata di ferro che circonda il monumento dell'indipendenza e che parte dai mondi antichi e finisce a lui, Domenico si incaponisce nell'acquisto di souvenir improponibili. Con la macchina raggiungiamo anche la collina che sovrasta la città, prima delle montagne innevate e che si può raggiungere anche per via di un'ovovia. Al tramonto sono tutti là, c'è lo zoo, le giostre, gli autoscontri, le bancarelle di souvenir, la ruota, le slitte....e soprattutto un miscuglio di persone di tutti i generi. Cena allo stesso ristorante più morigerata, ma indispensabile per l'addio all'agnello e a questi paesi. Alle 4.30 sveglia per il nostro volo, Matteo ci accompagna e preleva i suoi compagni di viaggio. Non possiamo che augurargli che vada tutto così bene come è andata a noi.
11624 km, 37 giorni, 13 paesi, un colpo di stato, una foratura, salute ottima, pancia piena, zero litigi, e occhi e testa pieni di immagini, colori ed emozioni.

Sonntag, 14. August 2016

Trentatreesima tappa -Almaty, Kazakistan


Siamo vicini alla meta, questa volta è Domenico a non essere in gran forma, dopo la vodka al peperoncino... Visitiamo il mercato del bestiame della domenica di Karakol, in mezzo alla polvere e mischiati alla folla di persone di tutti i tipi,signore uzbeche, russe, omini piccoli con il pizzetto e il cappellino bianco kirgiso, uomini tracagnotti dalle facce kazake. Una pecora costa 40 euro, un vitello 60. Del montone si giudicano le palle e la coda grassa e si stipano gli acquisti vivi nel bagagliaio. Ci sono selle, briglie, staffe fatte da tondini di ferro, più l'immancabile offerta di ristorantini, sim card e bevande nei container. Il paese è vivace solo in prossimità del mercato, sono so,o le 8 di domenica! Facciamo una deviazione in una valle laterale alpina, da cui partono trekking e gite. La strada è asfaltata fino al canyon dei Seven bulls, formazione rocciosa rossa fuoco, che contrasta con il verde intenso del prato e dell'acqua del ruscello. Da lì la strada prosegue molto accidentata e con ben 4 ponti di legno estremamente rustici, fino alla valle dei fiori. Facciamo qualche passo a piedi, si vede la neve in alto, tante jurte per i locali, che arrivano con le macchine, muniti di canne da pesca, biciclette, picnic. I turisti partono per trekking di qualche giorno, noi dobbiamo arrivare in Kazakistan stasera. Per arrivare al confine non scegliamo la strada maestra, ma una laterale, accidentata e solitaria e per qualche chilometro penso che non arriveremo mai. Come lasciare la montagna e non sfidare la sorte? In compenso vediamo l'aspetto ancora più rurale della montagna, jurte, arnie e cavalli, ma i prati non sono più verdi ma gialli verso la valle. La strada attraversa piani piano la steppa, le montagne sono solo nello sfondo, qualche goccia di pioggia. Al confine siamo soli, le operazioni di uscita ed entrata sono facili, Matteo fa la sua prima esperienza, nel giro di 40 minuti siamo in Kazakistan. Arriva un forte temporale, speriamo che la macchina si lavi... Dopo i primi 50 km nella steppa, la strada attraversa un ultimo canyon colorato, non siamo nello spirito di fare ulteriori deviazioni. La strada comincia ad essere trafficata, a due corsie, la guida non facilissima perché attraversa paesi con bellissime bancarelle di frutta, salvagenti e materassini lungo il fiume, cortei di macchine bianche che festeggiano matrimoni (hummer limousine) e pieni di fumi di spiedini. C'è la polizia, ma io alla guida rispetto le regole, e non diamo nell'occhio circondati da gipponi di tutte le marche e fogge. Un semaforo ci rallenta l'entrata ma facciamo la mitica sosta al cartello Almaty. Meta raggiunta secondo il piano dettagliato in modo  perfetto da Domenico, rispettato da una macchina all'altezza, un programma di navigazione eccezionale e un team familiare collaudato!

Trentaduesima tappa - Karakol, Kirgyzstan


La mattina e nuvoloso, facciamo un piccolo giretto del lago, ma io non ho le forze. Ci rimettiamo in marcia e tornare sulla strada maestra è uno scherzo. La strada si ributta dopo il largo altipiano con il lago nella valle, stretta e colorata. Raggiungiamo la strada asfaltata e io mi butto giù nei sedili di dietro. Facciamo un sosta nel mercato locale degli animali, pecore, montoni, cavalli, mucche con gran polvere e persone locali. Nelle bancarelle alimentari tantissime albicocche, frutti di bosco e pomodori. Le macchine qui sono più vecchie e malandate, ma di marche tedesche, si vedono Mercedes, Audi, VW e vecchi camioncini con scritte in tedesco. Cerchiamo informazioni per vedere un esibizione di caccia con le aquile, le informazioni sono contrastanti, ma riusciamo con molti sforzi a trovare la valle dove viene organizzato per i turisti una specie di show delle attività locali. Vedere così tanti turisti insieme ci sembra strano, assistiamo alla partita di polo e poi su un campo coltivato con odore di camomilla alla caccia delle aquile che sono addomesticate e si buttano dall'alto della collina sulle prede ( un coniglio mezzo morto e una finta volpe). Gli uccelli sono grandi ma ci chiediamo perchè si prestino a questo gioco. La strada costeggia il lago Issikul Kol, il secondo lago alpino dopo il Baikal. Costeggiamo il lago sud, ci sono bagnanti e si vedono in vendita salvagenti, anche se le montagne sono alte ed innevate da entrambe i lati. Decidiamo di fare la notte nella cittadina di Karakol, prenotiamo una guesthouse per la notte, che si rivela una sorta di casa rifugio di montagna con tutti ragazzi giovani che fanno trekking nella regione e il proprietario che è una specie di guida alpina. La cittadina di Karakol è una specie di misto tra palazzi sovietici, villette decadenti tipo dacie russe e nuove costruzioni con strade orizzontali asfaltate e quelle verticali sterrate e polverose. Noi siamo anche molto polverosi e la macchina è ormai beige dentro e fuori. Fatta la doccia ( bagni in comune) fuori arriva un temporale forte, prendiamo la macchina per andare nel ristorante indicato dall'ostello ed oltre a tutti i turisti osserviamo un gruppo di ragazzi diciottenni locali che fumano shisha e bevono alcol. Ordiniamo di tutto, ma il mio stomaco mi impedisce di mangiare come al solito. 

Trentunesima tappa - Lake Song Kol, Kyrgyzstan


Il signore ci ha fatto trovare tanto cocomero, rifiutiamo le uova e partiamo. La strada dovrebbe essere come quella di ieri, sono previste 7 ore. È sterrata e corre lungo la valle all'inizio. Non ci sono indicazioni, ma non ci sono alternative, che ci mettano in crisi. Si risale un primo passo e poi si ripiomba in una valle larga, con montagne innevate sul fianco meridionale, il fiume si ingrossa, nessuno in giro, solo qualche cimitero o cappella isolata. Facciamo una breve sosta nel negozio locale, vecchio negozio di stampo sovietico, con biscotti sfusi, gran vodka e bevande impossibili. Il succo di pera è imbevibile, la vodka al peperoncino darà i suoi risultati alla sera. Si risale, con tornanti stretti e ripidi, incontrando qualche ciclista in gruppo, un gruppo di turisti spagnoli e tajiki al passo a 3300 metri. Il paesaggio è alpino, con i primi pini! Difronte a noi si apre la vista sul lago, blu, ampio circondato da tutte le parti da montagne innevate, verdissimo e pieno di cavalli e jurte. Le jurte servono come le malghe alpine, per la stagione estiva con mucche, pecore e cavalli con i loro piccoli. Ora le famiglie locali hanno messo su due o tre jurte per turisti e organizzano cena e colazione e gite a cavallo. La guida descrive il sito della nostra jurta (pagata in anticipo) e prevede un piccolo attraversamento del fiume. Siccome è dall'altra parte del lago, abbiamo modo di vederlo per bene, e quando prendiamo la prima deviazione ci troviamo difronte ad un fiumetto impassabile. Torniamo sulla strada e proviamo il secondo bivio, facciamo un sopralluogo, Matteo si immola all'attraversamento a piedi nell'acqua gelata per verificare altezza e fondale e via che si va, la Sharan passa anche questa prova. Il prato è verde e morbido, seguiamo le tracce e sulla sponda del lago troviamo la jurta n.8 e la nostra famigliola. Un gran vento, io non mi sento al massimo delle mie forze, ma prenotiamo il nostro giro a cavallo e tiriamo fuori cappello, giacca e guanti. Per fortuna il mio cavallo ha la testa bassa e poca voglia di muoversi e con  due manovre riesco anche a salire in sella. La guida costa un po di più, ma io la pretendo. In realtà anche con gli sforzi di Domenico e Matteo i cavalli non hanno molta voglia di andare ad un passo adelante, Matteo ci incita il suo cavallo contro e almeno decide lui dove andare, nel mio caso, quando il cavallo si gira e si riavvia verso la jurta sono ben contenta. Lungo il lago i locali allenano i ragazzini al gioco locale, una specie di polo a cavallo aggressivo e con una pecora morta senza testa come palla. La madre e la figlia ci fanno trovare una cena non solo sontuosa ma anche molto decorata, a base di frittelline, pane, zuppa  e pesce del lago, con frutta e frittelle con una glassa. Siamo a 3000 metri e ci preparano la jurta con materassi, tante coperte e la riscaldano! Nelle altre due jurte un gruppo di giovani francesi e una coppia giovane di austriaci. La notte non mi sento tanto bene, non so se sia la stanchezza, la quota o lo stomaco. 

Ventottesima tappa - Karakul, Tajikistan

Mi sveglio presto, la padrona di casa sta mungendo gli(le) yak. L'aria è fresca e pungente, ma la notte non abbiamo sentito freddo. Facciamo colazione poi di nuovo in macchina. Incontriamo una macchina italiana che partecipa al Mongol Rally. Dopo un lungo tratto nell'altipiano piatto a più di 3500 metri, con yak, ruscelli e montagne innevate, la strada scende un pò e pian piano arriviamo a Murghab, cittadina principale dell'area. In realtà le mie aspettative sono deluse, sembra una baraccopoli, il mercato è nei container, la benzina venduta in taniche. L'unico hotel è abbastanza decadente, mangiamo il fast food locale, una specie di pizzetta con riempimento di carne di yak o di patate. Il gestore parla bene il tedesco, ci aiuta a fare i permessi per il parco e ci da suggerimenti per le gite. Internet non è ancora arrivato, sembra un posto fuori dal mondo e in realtà lo è. Riprendiamo la guida e facciamo una deviazione su una valle laterale, i colori delle rocce sono veramente eccezionali. Ci aspetta il passo di nuovo a più di 4000 metri, il cielo si annuvola. Notiamo sulla strada una staccionata e controllando sulle carte ci rendiamo conto che è la no man land zone con la Cina, che seguiremo per quasi 100 km. Siamo soli, la strada è buona, si sentono tuoni e le nuvole si fanno più nere. Sulla salita del passo, la neve sulle montagne è più vicina, mettiamo il nostro pullover, c'è una casa con una famigliola. Alle prese con i tornanti, siamo fermati da un tizio polacco che sta girando in motorino e non riesce a fare la salita, per mancanz di ossigeno. Domenico è attrezzato, tira fuori una corda rosa e lo trainiamo in salita. Arrivato al passo, ci ringrazia moltissimo, ci chiede di filmarlo, e ci fa sentire utili. Cerchiamo la pecora di Marco Polo, senza successo. La strada scende un pò, poi si stabilizza ad alta quota, incontriamo qualche ciclista, un sidecar. Si intravedono montagne più alte poco lontane e poi in lontananza il lago Karakul. Il paesaggio è spettacolare, il lago è circondato da montagne su tutti i lati, con ghiacciai e nevai vicini e lontani. Il paesino è piccolo, noi abbiamo prenotato un homestay che è vicino alla strada. La stanza è pulita, aspettano altri turisti. Chiedo un tè, ci sediamo al caldo mentre le donne con gli immancabili denti d'oro preparano i manti, ravioli con ripieno di patate, cipolle e carote. Matteo fa conversazione con due francesi anche loro ingaggiati nel Mongol rally, passa il nostro amico polacco, incontriamo la famiglia italiana con cui ci scambiamo un po di chiacchiere e esperienze.

Trentesima tappa -Kazarman, Kyrgystan


Dopo una colazione ricchissima con una specie di piatto di grano saraceno, peperonata, pancakes, frutta, uova fritte, marmellata di albicocche e di amarene, frittelle, yogurt, attraversiamo a piedi il ruscello, il cui ponte è stato portato via dalla pioggia e ci dirigiamo verso le cascate più vicine, deludenti ma chiaramente per i locali, con gli ultimi 100 metri pieni di bancarelle con oggetti assolutamente impossibili. Ripartiamo in macchina con meta Kaserman, unica cittadina prima di arrivare alla nostra meta. La strada non è data buona, ma ci dicono che sia fattibile. Prima torniamo sulla strada principale, diamo un passaggio ad una ragazzina tajika, che non parla una parola e alla fine ci vuole pagare. Controllo delle gomme e sosta a Jalal Abab, giusto per fare una pausa di ristoro sotto un sole cocente e visitare il bazar. Nel ristorante siamo i soli turisti ma e facile fare l'ordinativo, guardando nei diversi angoli dove c'è un ometto intento a cuocere degli spiedini, altri a fare ravioli, altri ad informare calzoni ripieni di carne. Cerchiamo un possibile internet, finiamo in un albergo sovietico, che ha perso tutti i suoi allori e clienti ma nella hall fatiscente troviamo rete...
Comincia l'avventura, pensavo fossero finite... Non c'è indicazione, ma non ci sono molte alternative. Io accuso il calo di tensione, ma il paesaggio lo solleva immediatamente. È completamente diverso, sembra un'Appennino centrale, la strada è stretta e ripida, ma per fortuna non ha piovuto. Nessun paese, pochissime macchine, molte arnie. Arriviamo ad un passo, ormai non ci facciamo caso se è sotto i 4000 metri e ci ributtiamo nella valle. Ogni tanto si vedono cimiteri in fango, con costruzioni merlate. I nostri compagni sono tanti cavalli, bellissimi con i piccoli e qualche gregge di pecora. Poche jurte con famigliole, ci fermiamo a salutarli. Diamo un passaggio ad un vecchia signora, superiamo camion di fieno cosi carichi da occupare tutta la strada. Paesaggi verdi sconfinati, questa vastità ci ha accompagnato in tutto il viaggio. Arriviamo a Kaserman e gli homestay sono tutti pieni, ma ci trovano alloggio in una casa di un signore, che ospita anche ingegneri cinesi che stanno lavorando all'ampliamento della strada. Il paese non offre molto, ci dirigiamo verso il caffè che ci hanno indicato, in mezzo alla polvere. Il posto è enorme, vuoto e caldo, dentro ci sono due ragazze e un menù vasto in russo. Non avendo nient'altro da fare, tiriamo fuori vocabolario e lista delle cose da mangiare e con grandi risate da parte delle ragazze e nostra ordiniamo.....
La cena è buona, proviamo a girare in macchina la cittadina di impronta sovietica, che offre ben poco. Qui in Tajikistan si può vendere l'alcool e oltre alla birra c'è una selezione di vodka da paura.

Ventinovesima tappa - Arslanbob, Kirgistan

Notte tranquilla, dopo la cena a base di manta e marmellata e qualche chiacchiera con una coppia di ciclisti israeliana. Partiamo presto, pioviccica, la notte è scesa la neve sule cime e sopra i 4000 metri, la temperatura è 6 gradi. Noi siamo solo a 3800. È un peccato non vedere le cime che circondano il lago, ma non abbiamo scelta. In realtà pian piano il cielo si apre e si vedono le cime e i ghiacciai. Dopo un altro passo a più di 4000 comincia la veloce discesa, la strada è diritta, ancora fiancheggiata dalla staccionata con la Cina e in lontananza si vedono dei 6000 e anche il monte Lenin. Arriviamo alla dogana fangosa, con due jeep di turisti davanti a noi, corre tutto abbastanza veloce, ci sono solo delle baracchine. Poi comincia la lunga zona franca più di 15 km di strada brutta, fangosa e pendente, ma molto colorata. Ci sono due camion in salita, tutto è molto idillico. Arrivati a valle, seguiamo il fiume, sempre con pareti coloratissime. Io come geologa non so però niente... La dogana con il Kirgistan sono  tre baracche, Matteo si occupa di tutto. Incontriamo un ciclista giapponese, il nostro amico polacco, un signore inglese, stanco degli homestays. Passata la frontiera in modo indolore, comincia una valle larga e piatta con jurte e cavalli, dietro di noi le cime alte. Le lasciamo a malincuore, il viaggio lo valeva tutto. Arrivati in fondo alla valle, riprendiamo la salita in direzione Osh. La strada è asfaltata, senza buche, veloce, poco traffico. Domenico legge la guida, i ragazzini vendono sulla strada prima yogurt, poi albicocche. Ci sono jurte e cavalli dappertutto, il paesaggio è completamente differente, roccioni calcari, misti a strati coloratissimi, che dobbiamo indicare a Domenico che non vede i toni di colore. Arrivati a valle, verso le 14 ci sono 35 gradi..la piana è coltivata a grano, mais tornano i cocomeri e meloni. A Osh ci fiondiamo in un centro informazioni turistiche, scarichiamo gli email e sotto il sole cocente ci dirigiamo al mercato, lungo il fiume. Il mercato è tutto dentro i container dei camion, solo quello della carne e della frutta è al coperto. Abbiamo finalmente concesso a Matteo di mangiare.... Troviamo un ristorante sul fiume e Matteo ordina tutte le specialità locali, preparate a vista: tagliatelline in zuppa piccante, spiedini di carne e anatra, insalata, pane rotondo, bibita a base di un succo locale. Ci sediamo al tavolo con una signora che ci offre il suo pane e te. Soddisfatti finiamo la visita del mercato con acquisto di yogurt fermentato e fichi sbucciati ( il mal di pancia successivo e aspettato!). Ripartiamo con me alla guida, facciamo un pieno di benzina, che qui si trova facilmente e per strada decidiamo sul da farsi. Convinciamo a fatica Domenico a saltare un bazar e optiamo per allungare la strada e salire sulle montagne per dormire al fresco. La strada e buona ma trafficata, vado veloce e supero i camion, vengo fermata tre volte dalla polizia e per due volte graziata. In un caso mi fanno vedere le infrazioni fatte su un libro russo e la multa, paghiamo i 15 dollari senza contestare. Siamo di nuovo al confine con l'Uzbekistan, la valle è abitata principalmente da loro. Ben strana la divisione geografica di queste aeree e la reazione al post unione sovietica. In Kirgistan c'è una associazione che coordina gli homestays la contattiamo e ci aspettano per trasportarci in una vecchia jeep russa alla casa 18, con cena tradizionale (verdure lesse con carne) e doccia calda!! 
C'è una coppia francese con un ragazzino, ci scambiamo un po di notizie. Finalmente i miei capelli risentono uno shampoo! 

Ventisettesima tappa - Alicur, Tajikistan

La notte trascorre tranquilla, facciamo colazione con un ottima marmellata di albicocche e poi ci rimettiamo in moto. La strada corre ancora lungo il fiume, ci sono resti di fortezze e di stupa, marcati con corna di ibex e di pecore di Marco Polo ( che sono tipo stambecchi), ma non si vedono se non raramente. Proviamo a fare una deviazione, ma la strada è troppo in salita e Matteo sfrizionando provoca un brutto odore. Io entro un po' nel panico perché se la strada non si può fare dobbiamo tornare indietro fino a khorog.... Incontriamo un gruppo di motociclisti svizzeri, scambiamo due parole, li rincontreremo. La valle si divide e comincia la salita. I primi tornanti sono tosti, poi mi passa la paura perchè diventa una lunga strada che corre sul confine afgano, seguendo un ruscello. In lontananza montagne con neve, sul greto cammelli, soli o selvatici. La strada è molto bella, non asfaltata ma senza buche. Arriviamo nel mezzo di nulla ad un check point a 3'800 metri e poi al passo Kargoush a 4'200 metri. Continuiamo a saltare il pasto per mancanza di offerta e ci nutriamo con i nostri pistacchi e in particolare con mandorle. La vista è mozzafiato, ormai non abbiamo più parole e occhi, molte foto, forse tutte uguali... La quota ci dà qualche fastidio, il sole batte forte e ci mettiamo anche la crema. Arriviamo prima del previsto alla vera Pamir Highway, asfaltata e le nostre orecchie e la macchina hanno un momento di riposo. La temperatura è ottima, 25 gradi, pantaloncini corti. Nel nostro attivismo, lasciamo la strada asfaltata dopo alcuni chilometri e puntiamo al lago e ad un homestay in jurta. Sono le 14.00 il sole batte, la jurta è molto basica, la signora ci offre il pane che sta facendo, ma non siamo convinti. Continuiamo la strada che costeggia i due laghi, di colore blu e verde, le montagne sono multicolor. Torniamo indietro e decidiamo di proseguire, io sono alla guida, ma la strada non è così buona come sembrava. Proseguiamo per un pò, ma siamo stanchi e cerchiAmo un alloggio nel primo villaggio, giusto due file di case. Il primo homestay ci lascia molto freddi, tentiamo la fortuna e troviamo una jurta, tenda tradizionale usata dalle popolazioni nomadi con gli yak. La jurta e solo per noi, la cena è nella casa della famigliola kirghisa, 2 giovani e 4 bambini che giocano con Matteo. Dormire per terra con materassi e coperte, cena a base di spaghettini, carne di yak e yogurt e colazione costa 10 dollari a persona. Il bagno è inesistente, vicino alla casa corre un ruscellino, che noi risaliamo per lavare la macchina, lavarci e fare le foto agli yak e alla steppa a 4000 metri. Appena cala il sole, comincia a far freddo, ci copriamo e proviamo a vedere le stelle che sono mille e con la luna crescente. Bellissimo, ma non ho la pazienza di cercare le stelle cadenti.

Samstag, 13. August 2016

Ventiseiesima tappa - Wakhan Valley, Tajikistan

Ci svegliamo di buonora, facciamo una buona colazione sul fiume, e poi decidiamo di cercare una ruota che sostituisce quella che si è rotta. È domenica, i negozi e il bazar sono chiusi. Torniamo verso il benzinaio che ci aveva aiutato ieri pomeriggio e ci dice che il gommista ha aperto. Facciamo 10 km e troviamo un baracchino con un gommista. La nostra idea di comprarne una nuova svanisce subito, ma ci propone di metterci una pezza, che tiene di sicuro...per fare il lavoro ha bisogno di 2 ore e 4 euro, chiediamo di farlo in meno tempo. Torniamo in città, anche se è chiusa, ci prendiamo un te sulla terrazza, osserviamo tutta la gente che viene a prendere l'acqua, dalle pompe direttamente dal fiume. Montata la ruota sono le 11, partiamo per la nostra meta, una valle laterale sul corridoio afgano. Abbiamo anche un homestay che ci aspetta. Dopo un'ora e circa 40 km, costeggiando il fiume e quasi toccando l'Afganistan, ad un posto di controllo realizziamo che ci siamo dimenticati i passaporti a Khorob. Torniamo indietro e poi rifacciamo la strada, si salta il pranzo ma abbiamo la nostra scorta di pistacchi, mandorle, albicocche, noci. Matteo ci fa compagnia non solo vocale...la valle Waikan attraversa canyon e poi il fiume si allarga, nei tratti pianeggianti ci sono prati verdi come da golf, o campetti coltivati a grano, che viene in parte raccolto. Il telefono prende la rete afgana. Grandi saluti da entrambe le parti del fiume. Nella parte finale iniziano a vedersi le cime innevate dell' hindukush e in lontananza le cime tajike con il picco Marx e il picco Engels (se non gli hanno cambiato i nomi). Si attraversano grandi conoidi, piccoli paesini, le donne lavano i tappeti per strada. Colori incredibili, formazioni sempre diverse, valli strette con canyon, gran vento. La strada è buona, non asfaltata con un po di tolle ondulee, riusciamo a fare anche i 50 km/h. Facciamo troppe foto, ma come resistere. Tanti bambini, vecchi e donne, ragazzi che fanno il bagno nelle zone di morta del fiume. In un baretto gestito da ragazzine con occhi azzurri e musica a palla, compriamo una bibita locale a base di amarene. Tanti asinelli che trasportano paglia, poche macchine o traffico, tanti saluti. In una parte del fiume piatto si sono formate dune di sabbia. Incontriamo due coppie di ciclisti, una di francesi di circa 65 anni. Nella valle a 2800 metri ci sono offerte di homestay e noi arriviamo alle 18.30 in una grande casa. Il padrone di casa è un vecchio insegnante di russo, ha diversi figli in Russia o nelle città e ha messo su una specie di hotel, con un bagno in comune, anche con doccia. La cena nella sua stanza da pranzo originale e tradizionale, in compagnia di una coppia di olandesi e un inglese. Dopocena chiedo di visitare il museo e nel buio del cielo stellato, con la luna crescente e un vento forte con le pile andiamo a vedere la casa di un vecchio poeta e filosofo perseguitato dai sovietici perché sufi con la tradizionale struttura della casa, con le cinque colonne e il tetto aperto. Domani Mattina partiamo presto, ci attende una lunga guidata per raggiungere la Pamir Highway.

Venticinquesima tappa- Khorogh, Tajikistan

Dopo un sonno ristoratore e gli ultimi contatti con internet, facciamo una breve visita al mercato locale, pieno di bellissima frutta fresca, spezie, riso, te. Compriamo pesche ed uva, decidiamo di non prendere le fragoline....cerchiamo indicazioni sulla strada da prendere, ma le indicazioni  della lonely planet non sono più aggiornate, facciamo una rapida visita della città in macchina, visto la vastità della città e la monumentalità degli edifici e statue. Decidiamo per una via a sud, che non c'è nella carta e nel nostro GPS, ma è  asfaltata e veloce. Attraversa una prima catena di montagne, con un lago artificiale blu e frastagliato, ritorna nella pianura coltivata, diventa più stepposa, poi coltivata. È caldo ma non impossibile. Arrivati alla terza cittadina del paese, lasciamo la strada nuova e ci avviamo sulla strada con buche che si inerpica sulle montagne. Matteo è ala guida, molto attento, la strada sale su molti tornanti e arriva in un pianoro coltivato con gole profonde. Tutto è giallo. Ottimo umore, chiacchieriamo del più e del meno. Arrivati al passo verso le 14.00, cominciamo a vedere lavori n corso per la costruzione di una nuova strada da parte dei cinesi, superiamo due macchine lente, la strada e bloccata da una scavatrice, si sblocca e dopo duecento metri viene definitivamente bloccata da frane provocate. Ci dicono che ci vorranno almeno due ore per riaprirla. Nel frattempo arrivano altre macchine, qualche turista e molti locali, tra cui una giovane studentessa di medicina, che chiacchiera con noi. Dopo aver mangiato delle pesche buonissime, ci mettiamo all'ombra nel mezzo della polvere ad aspettare con fiducia la riapertura.  Nel frattempo la fila delle macchine aumenta, finisce il turno delle squadre cinesi al lavoro, vengono rimpiazzate, le macchine si accumulano sul percorso della gru che deve scaricare i sassi della strada... Alle 19.30 tutti in macchina e parte la grande corsa, noi siamo piazzati bene, e vediamo passare una mercedes....passiamo tra i primi con qualche difficoltà e ci aspettano 50 km di strada non buona, ormai il sole e calato e tutti corrono come dei matti. Matteo e Domenico mettono la musica a palla, la strada è tutte curve, tornanti, lavori, e molta molta discesa. Peccato non vederla, ma faceva paura. Arrivati a valle la strada costeggia il fiume che fa da confine tra Afganistan e Tajikistan. Si vedono poche luci da entrambe le parti, si sente il rumore del fiume. Decidiamo che il primo posto che ha possibilità di dormire è il nostro, ma non vediamo nulla. Nel mezzo della strada veniamo fermati dalle guardie, che a stento avevano una lampadina. Poi verso le 9.30 in un buio pesto e un cielo stellato da far paura troviamo un segnale di hotel: uno stanzone caldo, senza finestre con 5 letti. Domenico suggerisce di dormire fuori su una delle tavolate che usano loro a cielo aperto. Ci sono di sera 30 gradi. Mangiano una zuppa quasi al buio, che ci sembra buonissima, il signore ci ha portato i materassi giu, usiamo il nostro sacco lenzuolo, dentro il quale Domenico mi fa mettere la mia borsa pesantissima e i due si addormentano subito. Io leggo un po, arrivano camion a prendere acqua o dormire nella piattaforma accanto alla nostra. Certo pensare di dormire all'aperto, sulla strada al confine con l'Afganistan sembra molto più eroico di quanto non sia stato, senza troppi insetti (forse pulci) e con mille pause. Quando mi risveglio alle 5.00 i camion sono già andati via, non posso piu infrattarmi a fare una pipi e sveglio i due. Dopo un lavaggio di capelli sotto l'acqua gelata all'aperto ( ma vestita) e una colazione a base di una specie di creme fraiche, miele e te ci mettiamo in moto, in parte per vedere il percorso fatto al buio e poi verso Korogh. Le stime di Domenico erano più rosee, abbiamo seguito il fiume per 300 km, impetuoso e color fango, stretto senza ponti se non uno pedonale, e valli scoscese, montagne colorate e in cima la neve. Ci sono villaggi di fango in Afganistan, costruiscono ora la strada ma è ancora più impervia della nostra. Buchiamo la gomma ma in 10 minuti sono efficientissimi e la riparano in un lampo, attraversiamo pochi paesi qualche TIR pesante, con Domenico e Matteo che si alternano alla guida, difficoltosa per il continuo cambio di stato della strada piena di buchi e polverosa. Il panorama è grandioso. facciamo sosta per il pranzo e arriviamo a Korogh con la luce. Cena in un ristorante con la terrazza sopra il fiume. 

Samstag, 6. August 2016

Ventiquattresima tappa - Nel mezzo di niente,Tajikistan

 Dopo un sonno ristoratore e gli ultimi contatti con internet, facciamo una breve visita al mercato locale, pieno di bellissima frutta fresca, spezie, riso, te. Compriamo pesche ed uva, decidiamo di non prendere le fragoline....cerchiamo indicazioni sulla strada da prendere, ma le indicazioni  della lonely planet non sono più aggiornate, facciamo una rapida visita della città in macchina, visto la vastità della città e la monumentalità degli edifici e statue. Decidiamo per una via a sud, che non c'è nella carta e nel nostro GPS, ma è  asfaltata e veloce. Attraversa una prima catena di montagne, con un lago artificiale blu e frastagliato, ritorna nella pianura coltivata, diventa più stepposa, poi coltivata. È caldo ma non impossibile. Arrivati alla terza cittadina del paese, lasciamo la strada nuova e ci avviamo sulla strada con buche che si inerpica sulle montagne. Matteo è ala guida, molto attento, la strada sale su molti tornanti e arriva in un pianoro coltivato con gole profonde. Tutto è giallo. Ottimo umore, chiacchieriamo del più e del meno. Arrivati al passo verso le 14.00, cominciamo a vedere lavori n corso per la costruzione di una nuova strada da parte dei cinesi, superiamo due macchine lente, la strada e bloccata da una scavatrice, si sblocca e dopo duecento metri viene definitivamente bloccata da frane provocate. Ci dicono che ci vorranno almeno due ore per riaprirla. Nel frattempo arrivano altre macchine, qualche turista e molti locali, tra cui una giovane studentessa di medicina, che chiacchiera con noi. Dopo aver mangiato delle pesche buonissime, ci mettiamo all'ombra nel mezzo della polvere ad aspettare con fiducia la riapertura.  Nel frattempo la fila delle macchine aumenta, finisce il turno delle squadre cinesi al lavoro, vengono rimpiazzate, le macchine si accumulano sul percorso della gru che deve scaricare i sassi della strada... Alle 19.30 tutti in macchina e parte la grande corsa, noi siamo piazzati bene, e vediamo passare una mercedes....passiamo tra i primi con qualche difficoltà e ci aspettano 50 km di strada non buona, ormai il sole e calato e tutti corrono come dei matti. Matteo e Domenico mettono la musica a palla, la strada è tutte curve, tornanti, lavori, e molta molta discesa. Peccato non vederla, ma faceva paura. Arrivati a valle la strada costeggia il fiume che fa da confine tra Afganistan e Tajikistan. Si vedono poche luci da entrambe le parti, si sente il rumore del fiume. Decidiamo che il primo posto che ha possibilità di dormire è il nostro, ma non vediamo nulla. Nel mezzo della strada veniamo fermati dalle guardie, che a stento avevano una lampadina. Poi verso le 9.30 in un buio pesto e un cielo stellato da far paura troviamo un segnale di hotel: uno stanzone caldo, senza finestre con 5 letti. Domenico suggerisce di dormire fuori su una delle tavolate che usano loro a cielo aperto. Ci sono di sera 30 gradi. Mangiano una zuppa quasi al buio, che ci sembra buonissima, il signore ci ha portato i materassi giu, usiamo il nostro sacco lenzuolo, dentro il quale Domenico mi fa mettere la mia borsa pesantissima e i due si addormentano subito. Io leggo un po, arrivano camion a prendere acqua o dormire nella piattaforma accanto alla nostra. Certo pensare di dormire all'aperto, sulla strada al confine con l'Afganistan sembra molto più eroico di quanto non sia stato, senza troppi insetti (forse pulci) e con mille pause. Quando mi risveglio alle 5.00 i camion sono già andati via, non posso piu infrattarmi a fare una pipi e sveglio i due. Dopo un lavaggio di capelli sotto l'acqua gelata all'aperto ( ma vestita) e una colazione a base di una specie di creme fraiche, miele e te ci mettiamo in moto, in parte per vedere il percorso fatto al buio e poi verso Korogh. Le stime di Domenico erano più rosee, abbiamo seguito il fiume per 300 km, impetuoso e color fango, stretto senza ponti se non uno pedonale, e valli scoscese, montagne colorate e in cima la neve. Ci sono villaggi di fango in Afganistan, costruiscono ora la strada ma è ancora più impervia della nostra. Buchiamo la gomma ma in 10 minuti sono efficientissimi e la riparano in un lampo, attraversiamo pochi paesi qualche TIR pesante, con Domenico e Matteo che si alternano alla guida, difficoltosa per il continuo cambio di stato della strada piena di buchi e polverosa. Il panorama è grandioso. facciamo sosta per il pranzo e arriviamo a Korogh con la luce. Cena in un ristorante con la terrazza sopra il fiume. 

Donnerstag, 4. August 2016

Ventitresima tappa - Dushanbe, Tajikistan


Ci svegliamo alle 5.30 con il fine di arrivare alla frontiera con anticipo. La strada è lunga, non molto trafficata, con 10 km ottimi e poi buche, attraversamento di villaggi. Proviamo a fare una sosta nella città natale del tamerlano, che e completamente assorbita da un nuovo piano urbanistico, entriamo nella tomba, ma non riusciamo ad avvicinarci al palazzo. Perdiamo un po di tempo, questo mi innervosisce un po. La guida è a tratti, non so se e meglio guidare prendere le buche e le sgridate di Domenico o se vedere come gli viene sonno...Attraversiamo un deserto di rocce, tratti verdi coltivati a frutteto e molto cotone. Ai lati della strada vendono mele facciamo un passo di montagna  a 1800 metri e poi di nuovo in giù. Fare diesel non è facile perché qui tutte le auto sono a gas ( metano o propano) e solo i trattori e pochi camion sono con una pompa a parte senza contatore. Entriamo nella dogana uzbeca alle 14.20, siamo felici come delle pasque di averci passato solo 40 min., visto che eravamo completamente soli. Mentre Domenico e la macchina vengono controllate con dettaglio, la doganiera uzbeca, biondona russa si fa tutti gli affari miei e controlla le foto. Arriva indietro alle foto del Madagascar e del Sudafrica e chiama tutti per vedere le foto delle giraffe e del leopardo.
Passati in Tajikistan ci sono due macchine davanti a noi, una di italiani che abbiamo già visto a Bukhara e una lada con 3 cechi. Sorpassiamo un ceco in bicicletta e speranzosi portiamo i nostro documenti.  Risulta che stanno tutti aspettando perché c'è un modulo nel computer e non lo sanno stampare. Proviamo a convincerli di farlo a mano, proviamo a risolvere i problemi di stampante russa, passiamo così 3 ore. Una volta stampato, nessun controllo e una autostrada con un asfalto perfetto ci porta in città a Dushanbe, capitale del Tajikistan. Per la strada dell'albergo riconosciamo Matteo e incontrarsi a Dushanbe così è molto particolare. Cena con tanti racconti e poi a letto. Da domani niente internet e blog, ma siamo in tre e non abbiamo nessun problema.   

Mittwoch, 3. August 2016

Ventiduesima tappa - Samarcanda, Uzbekistan

Rilassata partenza alle 8.30, il sole è gia alto. Rientriamo nel mausoleo di Tamur, sempre bello. Prendiamo un taxi che attraversa la città sovietica, sembra di essere in periferia a Varsavia o Cracovia, ma ci porta al museo di Afrosiab, vecchio nome di Samarcanda (anche Macaranda sotto Alessandro Magno), dove una vecchia  signora sdendata, ma con un ottimo inglese ci fa da guida attraverso i reperti degli undici strati della città. Fuori non si vede che una collina di sabbia, lei stassa dice che non  c'è nulla all'esterno, ma di particolare nel museo ci sono degli affreschi provenienti dal palazzo del khan che testimonia  la centralità nell'antichità (VII) di questo posto. Ci avviamo su un viale già assolato, tagliamo per il cimitero ebraico per giungere al cimitero dei famigliari del tamerlano. Ogni edificio contiene 2-3 tombe, ma l'entrata e sempre maiolicata e l' interno è con le cupole a stalattiti, uno accanto all'altro in una stradina stretta. La più importante e quella del cugino di Maometto, che ha diffuso l'Islam in Asia centrale. Qui arrivano i pellegrini, ma la visita è breva: si entra nella stanza davanti alla tomba, ci si siede sulle panche, un tipo assolutamente normale con un cappellino in testa canta una preghiera corta, tutti si portano le mani al petto, le  aprono e poi le mettono davanti alla faccia. 3 minuti e poi fuori a fare foto e passare alla prossima tomba. Ci sono ancora quelli che fanno le foto e noi siamo molto richiesti. Luogo suggestivo, dove alla storia e architettura si somma la visione del paese normale. Passiamo per il mercato ricco, con reparti di solo pane (un solo tipo) fatto a mo' di pizza e schiacciato in mezzo con semi di sesamo e decorazioni, venduto su carrettini da una miriade di persone. Molto bello quello della frutta fresca, piena di erbette aromatiche (tra cui spicca il finocchietto fresco) e della  frutta secca, con tante varietà di albicocche e noci. Un reparto è solo di torroni e di dolcini di sesamo e halva. Ci sono dappertutto fondi di torta preparati per essere riempiti. Facciamo le nostre scorte e poi ritorniamo alla visita della moschea più antica della zona, con un enorme arco, ma all'interno molti diroccata, ma fascinosa. Facciamo una sosta tattica in un bar all'ombra, Domenico tra un email e l'altro sonnecchia, io leggo il mio libro e faccio i miei giochini. Alle tre di nuovo in moto, prima per acquisto di sciarpe (pashmina uzbeca) poi di susan ( seta su seta). Entriamo nella città vecchia, non monumentale ma con un matrimonio in corso, con tutti elegantissimi. Finiamo la visita turistica con il Regestan sulla cui piazza si aprono 3 facciate del XI -XIV secolo e del XVI di moschee e madrasse. Bellissime tutte a tre, differenti nelle facciate e geometrie, ma con l'interno occupato da negozietti di souvenirs. Ci sono comode panchine sotto gli alberi e ci godiamo le maioliche e le strutture, guardando la gente che passa. Per cena torniamo al ristorante della pausa, e ordino tutto il menu, molto buono e abbondante ( per 7 euro in tutto: ravioloni di carne, zuppa uzbeca, peperoni ripieni, spiedini di carne e riso con carne e carote). Ora al nostro strategico bar con vista sul regestan illuminato. 
Domani mattina ci svegliamo  presto, ci aspettano strade di montagna e una dogana probabilmente lenta e faticosa. La meta  è Dushambe (Tajikistan) dove ci dovrebbe aspettare Matteo per le tappe di montagna. 

Dienstag, 2. August 2016

Commenti sul blog

Ho deciso di usare questa forma di diario sul web per informare la mia famiglia e gli amici e tranqulizzarli. All'inizio io dettavo e Giulia scriveva, ora lo faccio da sola e lo leggo a Domenico prima di pubblicarlo. Questo crea dei dissapori, perchè secondo lui io sono critica e negativa, non do importanza alle cose storiche e archittettoniche. Ha comiciato anche lui a mettere per iscritto  riflessioni tematiche, che vorrebbe che io inserissi nel "mio" blog, ma non ci siamo messi d'accordo. Per il resto siamo una coppia collaudata e viaggiare insieme e sempre un piacere.

Ventunesima tappa - Samarcanda, Uzbekistan

Stamattina colazione sontuosa e di buon passo e voglia programmiamo il nostro giretto a Bukhara e gli ultimi acquisti: 2 vestiti per me  ( Domenico contratta meglio se c' è della quantità) e incredibilmente le prime ( e ultime) sciarpe di seta. Il daltonismo di Domenico lascia sempre esterrefatti i venditori a cui chiede sciarpe verdi puntando a blu... Come lasciarsi sfuggire una statuetta per il presepe, composto da 5 signori su una panca a bere tè?
La cittadina non ha più segreti per noi, siamo tristi di lasciarla, ma la strada ci aspetta. Prima però visita a due mausolei fuori dalle mura ( molto belli e antichi ) e un passaggio veloce al mercato locale, con bellissima frutta secca, fresca, formaggi, carne...
La strada non è bella, piena di buche e molto discontinua con semafori e controlli di polizia. Domenico ha il suo solito calo di tensione, le noccioline e l'acqua non funzionano, io prendo la guida e lui dorme.. Il paesaggio diventa sempre più arido, le coltivazioni sono solo di cotone, abbandoniamo il canale e il fiume di Bukhara per spostarci lentamente verso est, con un gran vento e caldo. Per chi non lo sapesse, non abbiamo l'aria condizionata, qui dobbiamo raggiungere un difficile equilibrio tra rumore, vento, aria.... Non si sente nemmeno la freccia, la radio e tutti i nostri CD rimangono inutilizzati come tutti i libri che ci siamo portati.
La descrizione del nostro albergo per 2 notti a Samarcanda non è entusiasmante, ma siamo di ottimo carattere e basta che sia pulito e fresco.
La città è di fattura sovietica, non delle peggiori, con grandi vialoni e parchi e alberi di pini, l'aria e piu fresca, l'albergo non particolarmente accogliente, per cui ci buttiamo immediatamente alla scoperta delle meraviglie turistiche, che sono veramente impressionanti e magnificenti. Domenico è affascinato dalla figura del tamerlano, ormai grazie ai pannelli di spiegazione sappiamo di tutte le sue prodezze e lo abbiamo seguito fina qua, e visitato la tomba, prevista in realtà per suo nipote. Attraversando a piedi i vialoni arriviamo ai 2 gruppi di madrasse, molto belle e diverse tra loro, con minareti decorati e cupole blu. Qui in Uzbekistan il muezzin è proibito e non ci sembrano particolarmente religiosi. Difronte a tutto, tomba di sultano, pietra del corano, si fermano due minuti e pregano. Ci sono gruppi locali di turisti, donne di una certa età in costume tradizionale immancabilmente con un sorriso d'oro zecchino che mi chiedono di fare foto e mi danno grandi abbracci. Io sono stasera un po stanca e quindi ceniamo presto ma poi non possiamo resistere ad un tavolino strategico, difronte alle moschee principali e il relativo gelato (abbastanza cattivo).

Montag, 1. August 2016

Bukhara, Uzbekistan

Colazione sontuosa in albergo nella stanza da pranzo affrescata, con riso, porridge, crêpes, fichi, prugne, cocomeri e pesche, marmellate, pane. Rinforzati e di ottimo umore, ci perdiamo nelle stradine ancora non restaurate, piene di polvere e lavori in corso per raggiungere una vecchia moschea con 4 minareti. Qui si sta trasformando molto velocemente un un luogo turistico di massa, con negozi di souvenir, sciarpe di seta, vestiti, braccialetti, cuscini in ogni caravanserraglio. I tappeti non sono dominanti ma noi siamo alla ricerca di un bukhara. In ogni moschea e madrassa, ci sono piccoli musei, che contengono cianfrusaglie e vecchie foto. Qui provano a dire qualche parola in inglese, italiano e si lamentano della mancanza di turisti, per via della bassa stagione. Vediamo 2-3 gruppi ( italiani, cinesi, francesi) e qualche coppia. C'è un gran vento e si alza la sabbia del deserto, ma l'atmosfera rimane magica e calda, con tutte le mattonelle azzurre che luccicano. Alle 13.00 saliamo anche sul palazzo del khan, in parte in rovina che domina la città. Siamo stachanovisti e non facciamo pausa fino a quando tutte le rovine, moschee e musei non ci sono familiari, come tutti i venditori di souvenir. Facciamo una pausa all' ombra di un bar, lungo la fontana/laghetto centrale, per riprendere le forze e definire la strategia, con un te verde, qui molto diffuso e un gelato, del pomeriggio e degli acquisti. Abbiamo diversi oggetti di interesse: ceramiche locali, decorazione di tappeto sopra le porte, tappeto di Bukhara, vestiti, tovaglie forse sciarpe...Qui le signore usano meno il costume tradizionale, costituto da una specie di pigiamino con orlo ricamato in fondo ai pantaloni a mezza gamba e casacchina uguale, ma si vendono sciarpe già viste in Europa. Il mercato dei gioielli locali, che occupa una parte di un bazar è solo per loro e non ci sono oggetti di nostro interesse. Nella visita di un monumento vengo avvicinata anzi braccata da una signora che mi chiede di far conversazione in inglese, non hanno molte possibilità di praticarle e utilizzano i turisti per scambiare due parole. Entriamo un un negozio di tappeti e una giovane donna con un fratello insalanuta, ci spiega la differenza dei disegni e delle lane dei tappeti di Bukhara. Siamo subito attratti dai tappeti di pelle del collo del cammello baby.... molto più fini di quelli della schiena di cammello,  o di lana di pecora o capra e più sensibili al colore dato dalla melograna! Ne scegliamo due, ma non ci mettiamo ancora d'accordo sul prezzo. La ragazza insiste nel spedire e pagare quando li riceviamo, lei e sicura noi un po meno. Proseguiamo con l'acquisto di una teiera e 4 coppette con discussioni vivaci tra domenico e Zarina per 2 euro, con una giovane russa per i copriporta, i vestiti risultano impossibili addosso a me, visitiamo un caravenserraglio pieno di tappeti vecchi, ma molto rovinati e poi torniamo alla trattativa che finisce bene per i tappeti di cammello che saranno spediti. Tutti fanno molti complimenti a Domenico per la sua abilità a trattare e io mi limito come al solito alla scelta. Tramonto con vista sulle madrasse luccicanti e ottima cena nel ristorante locale con canzoni dal vivo e tanta gente.