Sonntag, 14. August 2016

Ventisettesima tappa - Alicur, Tajikistan

La notte trascorre tranquilla, facciamo colazione con un ottima marmellata di albicocche e poi ci rimettiamo in moto. La strada corre ancora lungo il fiume, ci sono resti di fortezze e di stupa, marcati con corna di ibex e di pecore di Marco Polo ( che sono tipo stambecchi), ma non si vedono se non raramente. Proviamo a fare una deviazione, ma la strada è troppo in salita e Matteo sfrizionando provoca un brutto odore. Io entro un po' nel panico perché se la strada non si può fare dobbiamo tornare indietro fino a khorog.... Incontriamo un gruppo di motociclisti svizzeri, scambiamo due parole, li rincontreremo. La valle si divide e comincia la salita. I primi tornanti sono tosti, poi mi passa la paura perchè diventa una lunga strada che corre sul confine afgano, seguendo un ruscello. In lontananza montagne con neve, sul greto cammelli, soli o selvatici. La strada è molto bella, non asfaltata ma senza buche. Arriviamo nel mezzo di nulla ad un check point a 3'800 metri e poi al passo Kargoush a 4'200 metri. Continuiamo a saltare il pasto per mancanza di offerta e ci nutriamo con i nostri pistacchi e in particolare con mandorle. La vista è mozzafiato, ormai non abbiamo più parole e occhi, molte foto, forse tutte uguali... La quota ci dà qualche fastidio, il sole batte forte e ci mettiamo anche la crema. Arriviamo prima del previsto alla vera Pamir Highway, asfaltata e le nostre orecchie e la macchina hanno un momento di riposo. La temperatura è ottima, 25 gradi, pantaloncini corti. Nel nostro attivismo, lasciamo la strada asfaltata dopo alcuni chilometri e puntiamo al lago e ad un homestay in jurta. Sono le 14.00 il sole batte, la jurta è molto basica, la signora ci offre il pane che sta facendo, ma non siamo convinti. Continuiamo la strada che costeggia i due laghi, di colore blu e verde, le montagne sono multicolor. Torniamo indietro e decidiamo di proseguire, io sono alla guida, ma la strada non è così buona come sembrava. Proseguiamo per un pò, ma siamo stanchi e cerchiAmo un alloggio nel primo villaggio, giusto due file di case. Il primo homestay ci lascia molto freddi, tentiamo la fortuna e troviamo una jurta, tenda tradizionale usata dalle popolazioni nomadi con gli yak. La jurta e solo per noi, la cena è nella casa della famigliola kirghisa, 2 giovani e 4 bambini che giocano con Matteo. Dormire per terra con materassi e coperte, cena a base di spaghettini, carne di yak e yogurt e colazione costa 10 dollari a persona. Il bagno è inesistente, vicino alla casa corre un ruscellino, che noi risaliamo per lavare la macchina, lavarci e fare le foto agli yak e alla steppa a 4000 metri. Appena cala il sole, comincia a far freddo, ci copriamo e proviamo a vedere le stelle che sono mille e con la luna crescente. Bellissimo, ma non ho la pazienza di cercare le stelle cadenti.

Keine Kommentare:

Kommentar veröffentlichen